Sul sito dell’Unione Europea è attiva una petizione circa il futuro delle politiche di aiuto alimentare. Ci può spiegare perché è importante aderire?
Oggi le associazioni e i singoli cittadini hanno la possibilità di dare il loro parere sugli sviluppi futuri delle politiche di aiuto alimentare e far sì che non vada perso un patrimonio umano di amicizia e di condivisione del bisogno degli altri. Abbiamo avuto la grazia di incontrare nella vita due uomini, il cavalier Danilo Fossati, fondatore della Star e don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, che hanno creato il Banco Alimentare e ci hanno offerto la possibilità di guardare al bisogno della persona nella sua totalità. È stata una grande intuizione quella di destinare le eccedenze del settore agroalimentare ai poveri europei, come è stata una grande intuizione quella di raccogliere le eccedenze della produzione industriale. Questa modalità ha permesso non solo di andare incontro al bisogno dei più poveri, ma di mettere insieme degli uomini commossi dall’aver visto qualcuno guardare al bisogno dell’altro. Così è nata questa “rete di carità”, la stessa Feba (Federazione Europea dei Banchi Alimentari) è sorta come un’amicizia tra uomini che hanno iniziato a utilizzare le risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea per i più poveri.
Come giudica le politiche europee di assistenza alimentare?
All’inizio ci si stupiva che le economie europee creassero delle eccedenze, che “sbagliassero” a programmare la produzione. Quello che è stato deliberato 15 anni fa (cioè utilizzare la sovrapproduzione per la lotta alla fame) è stata un’intuizione geniale che va ulteriormente sviluppata. Mentre allora era una necessità imposta dai fatti, adesso può diventare una decisione che nasce dall’intelligenza dell’uomo, dall’osservazione della storia: si è potuto utilizzare quelle eccedenze per rendere un reale servizio al bisogno alimentare di tanti. Si può parlare in termini negativi di eccedenze se milioni di persone non hanno di che sfamarsi? E’ giusto programmare la produzione sulla richiesta del mercato anziché sulla domanda reale di cibo, che comprende chi ha fame ma non può esprimere il suo bisogno sul mercato? L’eccedenza può diventare una risorsa grandiosa. Se commisurata al bisogno diventa addirittura un fatto positivo, perché non è sprecata ma viene valorizzata socialmente. La forza di questa modalità consiste nell’aver diffuso la cultura del dono, della condivisione, favorendo la prima vera risposta ai bisogni dell’uomo: l’amicizia, la compagnia, qualcuno con cui condividere il senso della vita. Questo fatto è di cruciale importanza e permette di raggiungere risultati infinitamente più grandi di quelli che si otterrebbero con altre strategie politiche di sovvenzionamento, che lascerebbero i poveri da soli.
Uno dei “temi caldi” è il possibile passaggio dagli aiuti alimentari a strumenti come i voucher o le carte prepagate di sostegno al reddito per l’acquisto di alimenti. Quali sono le differenze tra questi due tipi di aiuti?
Non ho una risposta teorica ma ho davanti agli occhi 20 anni di storia del Banco Alimentare: gli aiuti che sono giunti attraverso il Ministero delle politiche agricole non sono stati solo la risposta a un bisogno, ma un evento che ha provocato nel nostro popolo una trama di amicizie che ha coinvolto milioni di persone. E la condivisione moltiplica il valore di un semplice trasferimento in denaro. Per questo desideriamo che continui quello che è stato fatto in questi anni. Per questo stiamo sollecitando le autorità competenti dell’UE affinché maggiori risorse vengano devolute al sostegno dei più poveri.
Il Banco Alimentare, attraverso gli enti collegati, offre quindi un aiuto che va al di là della semplice erogazione di un pasto. Questo sistema sarebbe messo in difficoltà da un cambiamento di rotta delle politiche comunitarie?
Il rischio è reale. Almeno il 50% della possibilità di distribuzione dei generi alimentari proviene dall’Agea (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura), dimezzando questo flusso metteremmo in ginocchio i poveri, prima che possano essere raggiunti da un eventuale sistema di protezione basato sui voucher. Mi pare interessante l’idea di un grande fondo comune per il popolo. L’idea dell’eccedenza e del suo recupero equivale a dire: ”io ci metto del mio, ti dono del mio”. Ogni paese mette a disposizione dei beni, che saranno pure “sovrapproduzione” ma che vengono valorizzati in una maniera straordinaria. Questa è la modalità che ha caratterizzato l’esperienza cristiana. Un meccanismo virtuoso che, strada facendo, moltiplica le risorse. Questo succede a chi pratica la carità, da uno ottiene dieci, e lo condivide con tutti.