Il caso della clinica Santa Rita di Milano ha acceso il dibattito sul controllo e sulla valutazione delle strutture e dei servizi erogati dalla sanità. Cosa vuol dire effettuare controlli e valutazioni precise e sicure in ambito sanitario?
Vuol dire seguire in tutte le sue fasi il percorso del paziente nella struttura sanitaria, sperando che la tutela per il paziente e la sicurezza del risultato sia garantita fin dal momento in cui questi viene accettato. C’é un aspetto fondamentale legato alla necessità di inquadrare precisamente le esigenze del paziente all’ingresso, in maniera tale da confrontare i suoi bisogni con le capacità e le specialità dell’ospedale. In caso in cui non ci sia aderenza tra ciò di cui il paziente ha bisogno e ciò che può offrire la struttura sanitaria lo stesso ospedale deve provvedere a trasferire il paziente in un’altra struttura. Successivamente occorre che al paziente vengano garantiti la possibilità di manifestare la propria opinione e i suoi diritti: deve essere coinvolto nella sua assistenza, laddove sia un paziente in grado di rispondere e di affrontare la cosa, e occorre garantirgli la possibilità di essere assistito da un familiare, da parenti che possano esprimere i suoi punti di vista, i suoi desideri, le sue esigenze, anche di carattere religioso e culturale. Il terzo passo, che è fondamentale – ed è quello che ha generato problemi significativi con la vicenda della Clinica Santa Rita – è la misurazione dei risultati assistenziali sul paziente. Per questo occorre sviluppare degli indicatori di risultati, per i quali la Regione Lombardia ha fatto moltissimo, perché ha una notevole quantità di informazioni e di dati. Occorre utilizzare adeguatamente questi dati: il sistema regionale è in grado di fare questo, tant’é vero che l’azienda sanitaria milanese è riuscita a intervenire adeguatamente per identificare gli andamenti devianti.
Quindi, relativamente ai controlli e agli accreditamenti, la situazione della Lombardia è a suo modo di vedere positiva?
Io direi decisamente di sì. C’é stato un fraintendimento, a proposito di quanto ho detto nell’intervista che al quotidiano La Stampa: il sistema di controlli lombardo è sofisticato e funziona. Io credo che se uno vuole delinquere, allora diventa tutto difficile. Non so poi quali siano i termini precisi della questione della Santa Rita. Ma bisogna sempre tenere in conto il fatto che non esiste il sistema di controllo assolutamente perfetto. Le frodi ci sono anche negli Stati Uniti e in altri Paesi, e non è ragionevole pensare di fermare tutto in maniera preventiva in queste situazioni.
Sinteticamente, quali sono le caratteristiche dell’accreditamento di Joint commission international?
L’accreditamento internazionale è cosa diversa rispetto a quello che Joint Commission ha fatto per la Regione Lombardia. Come visione di sistema rivendico la qualità di ciò che Joint Commission ha fatto per la Regione, e il commitment che la Lombardia ha fatto per questo iniziativa. Tenendo separati i due tipi di approccio: un conto è la valutazione che Joint Commission ha fatto sugli ospedali lombardi, identificando anche molti punti di miglioramento che poi si sono ottenuti nel tempo; un conto è l’accreditamento internazionale. Per l’accreditamento sono necessari molti più requisiti rispetto a quelli utilizzati per la valutazione che noi abbiamo fatto in regione Lombardia nei primi tre anni del progetto. Prima di tutto è stata una decisione volontaria, che sette ospedali Lombardi hanno preso, ed è un grande pregio per la Lombardia: ci sono più ospedali accreditati in Regione che in tutta la Germania. E Formigoni ha fatto bene a sottolineare questo. È stata una decisione volontaria, quella di confrontarsi con una serie di requisiti che Joint Commission International per la propria presenza ormai secolare ha messo a punto e che identificano comportamenti sicuri, che danno origine alla soddisfazione del paziente, ma anche alla sicurezza per i malati, per lo staff, e risultati appropriati per la salute del paziente.
Per quanto riguarda il nuovo accordo di Regione Lombardia, che è stato rinnovato fino al 2010, quali sono le novità per i prossimi anni?
Le novità sono principalmente legate ad un passo avanti sostanziale che la Lombardia ha voluto fare: la sicurezza dei pazienti. Si tratta di un processo molto articolato, perché non bisogna dimenticare che parliamo di 200 ospedali. Un conto è parlare dell’accreditamento di un singolo ospedale, che gioca la sua reputazione su se stesso senza considerare gli altri aspetti. Un conto è un’iniziativa della Regione, che vuole avere il proprio sistema che cresce complessivamente. Sono due prospettive diverse. La Regione Lombardia ha spinto molto per avere maggiore enfasi sugli aspetti che riguardano la sicurezza del paziente; in questo caso verranno misurati i comportamenti degli ospedali per quanto riguarda anche gli obiettivi internazionali sulla sicurezza, che sono stati definiti dall’Organizzazione mondiale della sanità, e si cercherà di mettere a punto anche altre misure di performance relative ai comportamenti professionali.
Quali sono le differenze tra quello che accade in Italia in termini di valutazione e ciò che invece succede negli Stati Uniti?
Gli Stati Uniti hanno una tradizione di raccolta informazioni radicalmente diversa dalla nostra. Si deve tener conto che quarant’anni fa, quando nel 1967 è stato istituito il programma Medicare, sotto la presidenza di Lyndon Johnson, avevano già la possibilità di sapere cosa veniva offerto al paziente in termini di farmaci, visite, tempo dedicato dal personale sanitario, apparecchiature. Esiste una tradizione di raccolta dati che rende gli Usa il benchmark di tutto il mondo da questo punto di vista. L’accreditamento negli Stati Uniti è obbligatorio per poter fornire servizi ai programmi federali. Gli enti accreditanti negli Stati Uniti sono più di uno, e il più importante resta Joint Commission per tradizione, credibilità e storia passata. Ci sono anche altre agenzie federali che raccolgono dati e promuovono il miglioramento delle strutture sanitarie, come fa la Regione Lombardia in qualità di ente pubblico senza penalizzare direttamente comportamenti devianti rispetto alla media. Occorre anche un supporto culturale. C’é un’agenzia che si chiama Ahrq (Agency for Healthcare Research and Quality), un’agenzia federale americana che fa queste misurazioni e confronti, e poi ci sono altri centri universitari e non che per differenti finalità raccolgono questo tipo di dati.