Reagisco all’articolo di Luca Pesenti, pubblicato su ilsussidiario.net il 20 giugno scorso, premettendo che non sono d’accordo con lui.

I termini esatti del progetto della card alimentare annunciata da Giulio Tremonti non sono ancora noti nello specifico, è dunque difficile dare al momento un giudizio dettagliato. Sono noti, tuttavia, alcuni importanti elementi: essa conterrà un valore di 400 euro, lo sconto del 10% presso esercizi commerciali che aderiranno all’iniziativa, costituirà il titolo per usufruire di tariffe sociali per i servizi pubblici locali e sarà anonima.
È bene riflettere brevemente su questi elementi, che fugano diverse obiezioni:
1) 400 euro possono sembrare pochi, ma sono meglio di niente. Sono meglio soprattutto della retorica di quella parte politica che in realtà ha unicamente aumentato la sofferenza di tante persone e famiglie;
2) lo sconto del 10% non vale solo per i 400 euro dati dallo Stato, ma anche per le spese sostenute con le proprie risorse; tra l’altro, si stanno facendo presenti realtà della grande distribuzione e dei discount alimentari per offrire ulteriori punti percentuali di sconto, che consentono di aumentare il risparmio;
3) la tessera, e solo essa, consentirà alle persone destinatarie di ottenere, in tempi rapidi, una tariffa sociale per le utenze essenziali (acqua, luce e gas) che costituiscono spese incomprimibili per le famiglie. Tra l’altro, occorre considerare che negli ultimi 10 anni, secondo l’ultimo rapporto di Unioncamere, l’inflazione per queste voci è stata superiore di più del doppio della media (40% contro il 20%). Senza una tessera “certificata” queste tariffe sono di difficile applicazione, tant’è che nonostante le buone intenzioni non si è mai riusciti a farlo;
4) la tessera sarà anonima: è questa una condizione essenziale per annullare il rischio di un effetto psicologico che ne inibirebbe l’utilizzo, come è dimostrato da esperienze straniere.
Insomma, è una card che può consentire una molteplicità di benefici (una delle ipotesi che circolano è che sia emessa da Poste Italiane, il che consentirebbe di avere in un’unica carta il contributo pubblico, gli sconti, la pensione, ecc.) alle persone in difficoltà.
A chi obietta che si tratti di un provvedimento centralista e antisussidiario, rispondono i fatti. La card alimentare consente all’utente libertà di scelta, non lo vincola ad andare a fare la spesa presso un unico fornitore, alimentando una concorrenza virtuosa e potenzialmente calmieratrice dei prezzi; e consente allo Stato di intervenire subito, senza costringerlo a fare gare pubbliche lunghe e costose per assegnarle ad una determinata catena. Basterà indicare gli esercizi (anche quelli del piccolo commercio) che aderiscono all’iniziativa. Si interviene per sostenere la domanda di chi da solo non ce la farebbe, e non l’offerta di qualche singola impresa.
Per la definizione puntuale della card, occorrerà da parte del Governo convocare i soggetti imprenditoriali che intendono partecipare al progetto (commercianti, grande distribuzione, catene dei discount) per discutere non solo degli sconti, ma anche dei prezzi, come quei soggetti che operano in un’ottica di carità come il Banco Alimentare, che meglio di chiunque conoscono le problematiche dei poveri e possono indicare ulteriori modalità per una realizzazione positiva.
Tutto è perfettibile. Ma bisogna dare atto a Tremonti – lo stesso Tremonti, non va dimenticato, che ha inventato il 5 per mille, il provvedimento statale più emblematico della sussidiarietà – di aver messo mano concretamente ai problemi dei poveri in un momento di seria difficoltà per i conti dello Stato. Prima con l’intervento sui mutui con la “fiscal suasion” verso le banche (poi possiamo fare una bella discussione teorica sul fatto che il problema vero è un altro, che è la portabilità dei mutui, ecc., ma a quelli a cui le banche portano via la casa perché non pagano il rateo non gliene importa nulla), ora con la card alimentare. Due provvedimenti concreti in meno di un mese, che, non a caso, la gente riconosce come positivi, perché dai provvedimenti della politica si aspetta un beneficio concreto e guarda più a quello che a tanti rischi teorici.
(Foto: Imagoeconomica)


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