Negli ultimi giorni la polemica sull’indebolimento del potere d’acquisto dei salari scatenata dalla Cgil ha quasi completamente oscurato, nell’opinione pubblica, le grandi novità in termini di semplificazione e di deregolazione delle politiche sul lavoro avanzate dal ministro Sacconi all’interno della manovra economica triennale.



Il governo Prodi e in particolare il ministro Ferrero avevano appesantito la vita quotidiana delle piccole imprese senza dare nessuna tutela reale ai lavoratori (basti pensare all’obbligo del lavoratore di certificare le dimissioni volontarie su modulo del Ministero del lavoro presso gli ispettorati del lavoro o le sedi del sindacato, misura che, nell’idea di verificare l’eventuale presenza di pochi casi di ricatto con dimissioni preformate, introduceva l’ennesimo meccanismo di controllo formale che penalizzava tutti senza rendere giustizia a chi vive sotto ricatto).
Le nuove norme incoraggiano la propensione delle imprese ad assumere attraverso una “deregulation” e una semplificazione della gestione dei rapporti di lavoro e, nel complesso, sottendono una fiducia nella libertà e nella responsabilità degli attori del mercato del lavoro: un conto è sanzionare chi commette illeciti, un conto è diffondere una mentalità pseudo luddista e vetero classista nel sospetto preventivo della volontà truffaldina delle imprese. Questa rinnovata fiducia e l’abrogazione di regolamenti inutili ed inefficaci dovrebbero aiutare a ripristinare lo spirito iniziale della legge Biagi capace di favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Chi ha attaccato in questi anni la presunta precarizzazione del lavoro dovuta alla flessibilità, continua a misconoscere il fatto che gran parte dei contratti interinali che escono dalla precarietà (secondo una ricerca del Crisp, centro di ricerca con sede presso l’Università Bicocca di Milano, in Lombardia lo diventa il 68% entro 2 anni) e che c’è stato in questi anni un decremento del tasso di disoccupazione (5,3 punti percentuali nel decennio 1998-2007) quasi miracoloso in una fase di recessione con un limitatissimo incremento del Pil.
Le prime scelte fatte dal ministro del lavoro sottendono, quindi, una visione positiva di uomo e società. Ci auguriamo che prosegua su questa strada, valorizzando, secondo il principio di sussidiarietà, le esperienze virtuose in atto.

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