La dichiarazione rilasciata ieri dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, secondo la quale «i numeri sono tutti negativi», non lascia intravedere un futuro roseo per l’economia italiana.

In effetti il bollettino economico rilasciato da pochi giorni dalla Banca d’Italia assomiglia più ad un bollettino di guerra che ad un bollettino economico. A fronte di una congiuntura internazionale ancora debole e di un acuirsi delle tensioni inflazionistiche, l’Italia rimane il fanalino di coda dei paesi industrializzati per quanto riguarda la crescita del Pil prevista per il 2008 e il 2009 allo 0,4%.



Considerando la dinamica dei prezzi il tasso di inflazione è oramai al 3,7%. Ciò che più preoccupa non è solo il valore complessivo dell’inflazione (analoga a quella francese, inferiore a quella spagnola e di poco superiore a quella tedesca), quanto soprattutto la componente al netto dei prodotti alimentari freschi e dei prodotti energetici, che ci colloca ai vertici tra i paesi europei. Ad esempio, mentre in Italia, a fronte di un tasso di inflazione complessivo del 3,7%, l’indice che esclude alimentari ed energetici cresce del 2,8%, in Francia, con l’inflazione complessiva anch’essa al 3,7%, tale indice cresce del 2,4%; in Germania i valori sono del 3,1% e 1,8% rispettivamente. In altri termini, la crescita del prezzo del petrolio e delle commodities in genere non sono gli unici responsabili dell’inflazione italiana, ma esistono cause più profonde di natura strutturale che sono altrettanto importanti.



Per quanto riguarda la dinamica del Pil, i dati di Banca d’Italia sono estremamente preoccupanti: la debole crescita degli ultimi mesi è stata sostanzialmente trainata dalle esportazioni a fronte di consumi interni estremamente deboli e di una contrazione dell’investimento. Le aspettative negative di imprese e consumatori sono fotografate dal crollo degli indici di fiducia mostrato negli ultimi mesi. D’altro canto la seppur debole crescita delle esportazioni sembra essersi esaurita: il consistente peggioramento delle ragioni di scambio (più del 7% nel biennio 2008-2009) è previsto penalizzare fortemente le nostre esportazioni con conseguenze fortemente negative sui nostri conti con l’estero.



In questo scenario cupo le uniche note positive vengono dall’occupazione, che continua il trend di crescita grazie soprattutto ad una maggiore partecipazione della componente femminile. È lecito tuttavia attendersi una ripercussione anche sulla componente occupazionale della fase congiunturale avversa nei prossimi mesi.

È difficile dire se e quando riusciremo ad uscire da questa situazione congiunturale particolarmente avversa. Purtroppo i dati più recenti stanno confermano sempre più uno scenario particolarmente preoccupante: la ripresa italiana dipende sempre di più dalla ripresa dell’economia mondiale. Il che da una parte costituisce una nota positiva dato che quest’ultima non mostra una dinamica fortemente negativa (la crescita mondiale nel 2008 dovrebbe comunque essere prossima al 5%), ma dall’altro sottolinea il fatto che non riusciamo a farcela da soli.