Proseguendo la strada intrapresa dal nuovo Governo volta a realizzare interventi incisivi per stimolare la produttività e la ripresa dei consumi, è decollata a partire dal 1 Luglio e in via sperimentale per 6 mesi la tassazione agevolata del lavoro straordinario, di quello supplementare e dei premi di produzione, ossia di tutte le componenti che costituiscono la retribuzione variabile corrisposta al lavoratore dipendente. Il beneficio fiscale consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, con un limite di tremila euro lorde per redditi da lavoro dipendente percepiti nel 2007 non superiori a 30.000 euro. L’agevolazione è applicabile a tutti i lavoratori dipendenti del comparto privato a prescindere dal contratto applicato.
Al di là del fatto che la disposizione sia un tentativo di rispondere alla crescente esigenza di flessibilità del lavoro in un ambito internazionale sempre più competitivo, come già altri paesi europei quali la Germania stanno facendo, essa a mio parere può rappresentare un primo concreto intervento per premiare il contributo del lavoratore al successo dell’impresa nella creazione di valore per tutti coloro che vi partecipano siano essi dipendenti, clienti, fornitori, ecc. e, dunque, in ultima analisi per il sistema economico nel suo insieme.
Se pensiamo che Gino Zappa già nel 1949 definiva l’azienda come “istituto economico atto a perdurare, che, per il soddisfacimento dei bisogni umani compone e svolge in continua coordinazione, la produzione o l’acquisizione e il consumo della ricchezza”, ecco che appare evidente come lo sviluppo di una concezione del lavoro e dell’impresa quali strumenti di valorizzazione delle capacità e dei meriti dell’individuo sia la premessa indispensabile affinché il nostro paese torni a crescere. Anche il governatore della Banca d’Italia nelle sue “Considerazioni finali” auspica un rinnovamento strutturale tra cui la definizione di un percorso pluriennale di riduzione di alcune aliquote d’imposta che migliorerebbe le aspettative di famiglie e imprese. Sempre il Governatore Draghi sostiene che “gli sgravi fiscali vanno concentrati laddove possono dare maggiore sostegno alla crescita, riducendo le distorsioni dell’attività economica”. E proprio in questo senso mi sembra si indirizzi la disposizione agevolativa riguardante straordinari e premi di produttività.
È chiaro che, a mio modesto avviso e parlo come mamma e prima ancora come donna, non possiamo perfezionare seriamente interventi strutturali sul lavoro se prima non si attuerranno altre fondamentali azioni sulla scuola, che dai rapporti Ocse esce come tra le più “disastrate” d’Europa, e sull’incentivazione del lavoro femminile. I giovani che escono dalle università italiane spesso non sono adeguatamente preparati per affrontare le sfide del mercato del lavoro e sovente restano vittime di un sistema che non premia il merito e non valorizza le capacità. Il contributo del lavoro femminile è stato più volte sottolineato come un fattore imprescindibile per la crescita del Pil del Paese, ma come può una donna conciliare serenamente gli impegni professionali e familiari, se il sistema non favorisce modalità di impiego e collaborazione che facciano della flessibilità il cardine su cui instaurare i rapporti di lavoro? Eppure mi sembra che una vera politica per la famiglia, riconosciuta da più parti come la cellula fondamentale per uno sviluppo sociale equilibrato, passi, prima ancora che da un equo prelievo fiscale che tenga in considerazione anche la numerosità dei figli, dal riconoscimento palese che solo attraverso l’educazione è possibile ricostruire una struttura sociale forte in grado di affrontare la crescente complessità del mondo di domani.