Professor Colombatto, la Bce ha appena alzato i tassi di un quarto di punto. Ora sono al 4,25%, il massimo da sei anni. Trichet ha detto che l’inflazione è preoccupante e che «l’obiettivo primario è la stabilità dei prezzi». Che ne pensa?
Occorre fare una premessa: in passato i tassi molto bassi creavano un eccesso di offerta di moneta e questo eccesso di offerta di moneta ha creato inflazione. L’inflazione di fronte alla quale ci troviamo ora è il frutto di una politica monetaria espansiva condotta per molti anni dalla Bce. La sorpresa, invece, è che questa inflazione non sia esplosa prima. I consumatori di tutta Europa, però, sanno anche che è molto probabile che i dati sull’inflazione sia di oggi che di ieri siano tutt’altro che veritieri. Ciò che la Bce sta facendo adesso, come si usa dire, è chiudere la stalla quando i buoi sono ormai scappati. È pur vero, certo, che è meglio farlo oggi piuttosto che non farlo. La mossa è tardiva, ma benvenuta. Quanto alle ripercussioni sulla crescita vanno tenuti presenti due aspetti. Il primo è quello dovuto alle attività economiche condotte da coloro che hanno intrapreso attività sulla base di tassi eccessivamente bassi. Da una parte, investitori che hanno investito in progetti che potevano essere remunerativi a tassi bassi ma fallimentari a tassi normali; dall’altra, consumatori o semplici cittadini che hanno contratto mutui o crediti al consumo pensando di poter onorare i propri impegni in futuro, mentre oggi sono con l’acqua alla gola perchè oggi, con tassi non alti, ma diciamo normali, le cose sono molto più difficili. Per coloro che hanno fatto il passo più lungo della gamba sarà sicuramente un periodo difficile, ma non nascondiamo i nostri veri problemi dietro l’inflazione.
Cosa intende dire?
Intendo dire che il nostro livello di vita, ciò che noi consumiamo, dipende da quanto produciamo. Ciò che noi produciamo dipende da quanto noi ci impegniamo a produrre, dallo sforzo lavorativo, dai macchinari e dalle tecnologie che utilizziamo per produrre. Ora, i dati non sembrano indicare che italiani ed europei siano diventati più pigri rispetto al passato: lo sforzo lavorativo è rimasto costante, l’energia è sempre la stessa, anzi, semmai è migliorata. Dobbiamo domandarci perchè gli investitori vanno a investire in alcuni paesi d’Europa ma non in Italia. Non è un problema di inflazione, ma una questione che riguarda aspetti strutturali, le regole del gioco – cioè la difesa dei diritti di proprietà, la difesa del patrimonio, il sistema fiscale, la regolamentazione.
Di fronte a questa corsa in alto dei prezzi ci sono state le più diverse reazioni. Per esempio la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha detto no a rincorse salariali. Come si legano i salari alla produttività?
È una questione che riguarda la singola impresa: lei può trovare imprese che sono produttive e ben gestite e quindi possono permettersi di remunerare bene e al meglio i propri addetti, altre imprese che possono remunerare molto meno o che sono invece fallimentari. Non esiste una regola generale, così come non esiste una regola generale per i singoli. Il signor A può essere un ottimo lavoratore, il signor B, pur avendo la stessa mansione, può esserlo molto meno, ed è giusto che siano remunerati in modo diverso. Quindi sostanzialmente direi: sì alla contrattazione decentrata, basta con i contratti collettivi e con le regoli generali. Non esiste né l’impresa tipo, né il lavoratore tipo, né il settore tipo.
Professore, un’ultima domanda: a suo avviso quali interventi pensa che potrebbe mettere in campo il governo per attenuare le conseguenze del caro-vita?
Primo: dovrebbe ridurre drasticamente la spesa e di conseguenza anche il prelievo fiscale. Secondo, deregolamentare in modo massiccio. Il nostro potere d’acquisto, dicevo prima, dipende dalla nostra produttività e la produttività dipende dall’investimento. Dobbiamo fare in modo che la gente venga a investire in Italia. Soldi in giro ce ne sono tanti, cioè investitori che cercano buone opportunità di investimento ce ne sono tanti. Bisogna detassare, deregolamentare e creare un clima favorevole agli investimenti. Quello che è successo negli ultimi mesi non va certamente in questa direzione.
(Foto: Imagoeconomica)