La Bce ha appena alzato i tassi di un quarto di punto. Ora sono al 4,25%, il massimo da sei anni. Trichet ha detto che l’inflazione è preoccupante e che «l’obiettivo primario è la stabilità dei prezzi». Che ne pensa?

 

Il provvedimento – l’aumento di un quarto di punto – era largamente atteso e Tritchet lo aveva fatto capire già un mese fa. Era annunciato e i mercati erano preparati. C’è da sperare che non ci sia un ulteriore impatto da questo punto di vista, che i mercati abbiano già sfruttato gli aumenti.

 

È una misura appropriata, secondo lei, o no? Non rischia di deprimere la crescita?

 

Noi Paesi europei non siamo nelle condizioni migliori perché importiamo un dato inflazionistico per motivi esterni all’eurozona: non è un’inflazione originata dall’impennata dei prezzi interni, ma derivata da un aumento vertiginoso dei prezzi del petrolio e dell’energia. Quindi, da questo punto di vista, rischiamo di imbarcare inflazione da un lato e deprimere ulteriormente con un aumento dei tassi le prospettive di crescita, andando nuovamente incontro a quella deprecabile situazione di stagflazione che abbiamo già conosciuto negli anni ’70. 

 

Marcegaglia ha commentato i dati sull’inflazione dicendo «evitiamo rincorse salariali». Ma il problema è come aumentare i salari e come legare i salari alla produttività.

 

Sì, basta leggere gli ultimi dati dell’Ocse e vedere che abbiamo i salari più bassi d’Europa. E l’esigenza di farli crescere senza riattivare la spirale salari-inflazione. Non è pensabile ritornare ad automatismi come la scala mobile, che non farebbero che affossare ulteriormente la situazione, ma si deve aprire la partita dei contratti per legare l’aumento salariale a una maggiore produttività. La riforma della contrattazione oggi è per noi un’emergenza assoluta.

 

Per quanto riguarda i possibili provvedimenti per attenuare le conseguenze del caro vita, si è parlato recentemente della card alimentare proposta dal ministro Tremonti. Lei che ne pensa? A quali condizioni può funzionare? Da alcune parti è stata accusata di dirigismo, da altre invece si è detto che quel che conta è la disponibilità di cash per generi alimentari di prima necessità: 400 euro circa che i più indigenti possono spendere. È un provvedimento che ha fatto un po’ discutere.

 

Abbiamo un problema generale di potere d’acquisto dei nostri salari. La card, ammesso che funzioni, è un’idea intelligente, una boccata d’ossigeno, ma non risolve il problema. Il caro-vita in Italia non è uguale dappertutto: dagli ultimi dati diffusi dall’Istat si vede bene che a parità di salari corrispondono diversi poteri d’acquisto, cioè con 100 euro non compro a Milano quel che compro a Palermo. Occorre prendere atto che c’è una situazione diversa nel Paese. La card per gli anziani ovviamente sarà uguale a Milano e a Brindisi ma il potere d’acquisto consentito subirà le differenze territoriali.

 

Quindi, lei dice, spostiamo a valle un problema che rimane intatto…

 

È assolutamente prioritario affrontare e risolvere la questione della riforma della contrattazione. E poi, secondo me, c’è un dato fondamentale: i governi nazionali possono fare qualcosa.

 

Che cosa?

 

Trovare il modo di ridurre la tassazione su benzina ed energia sarebbe sicuramente importante. Pensare, come è stato fatto con il governo scorso, di istituire in funzione di controllo una figura come “mister prezzi”, non serve a nulla. E poi c’è la partita da giocare in Europa: secondo me su questo Tremonti ha ragione. Infine la speculazione internazionale sulle materie prime: se guardiamo l’aumento del prezzo delle materie prime, in particolare del petrolio, vediamo che c’è tutto, meno che una crisi di produzione.

 

Si riferisce ad aumenti dovuti alla speculazione?

 

C’è un’altissima speculazione dovuta ai Futures: una catena “di carta”, costruita con prodotti finanziari sempre più sofisticati. Sono tra i principali responsabili di questa situazione. Che non può che essere affrontata a livello internazionale e a livello europeo in particolare. Abbiamo delle istituzioni che dovrebbero vigilare su questo ma non l’hanno fatto. L’Europa, in altre parole, deve dimostrare di esserci. Non dimentichiamo che il governo tedesco ha messo in discussione anche la strategia della Banca Centrale Europea che, come è noto, è strutturata sul modello della Bundesbank tedesca, una banca che ha piena e assoluta autonomia e indipendenza. È la prima volta che succede e mi sembra un fatto significativo di quello che attualmente manca all’Europa.