L’articolo di Alceste Santuari, pubblicato dal sussidiario.net il 25 giugno scorso apre la prospettiva della valorizzazione del territorio, attraverso il suo sviluppo turistico, mettendo in evidenza le potenzialità in tema di sussidiarietà aperte dalla legge n.135 del 2001, che istituisce i sistemi turistici locali e sottolinea come il Sottosegretario al Turismo, Michela Vittoria Brambilla, in occasione della recente Conferenza nazionale sul turismo di Riva del Garda, abbia richiamato tutti gli operatori a “fare rete”.
Il tema è cruciale e vale quindi la pena proseguire la riflessione.
Per chi si occupa di turismo, come operatore o come studioso, la prospettiva di operare sinergicamente per perseguire in modo efficace obiettivi condivisi, è condizione ben nota e frequentemente evocata, forse anche da prima che il Sottosegretario nascesse. “Fare rete” è condizione stessa dello sviluppo turistico territoriale e la parola “sistema” è un termine insito nel dizionario di qualsiasi testo che si occupi di turismo. Il punto è chiedersi perché si faccia così fatica a tradurlo in un fatto operativo, sebbene da questo dipenda in larga parte il successo di una destinazione turistica.
Come è noto, il turismo italiano è caratterizzato da un sistema decisionale diffuso, in quanto costituito da una molteplicità di soggetti, in larga parte di piccole o piccolissime dimensioni, per lo più a gestione famigliare (le catene alberghiere, per fare un esempio, interessano solo il 6-7% della ricettività). Ciascuno di questi soggetti, pubblici e privati, è totalmente autonomo di decidere la propria prospettiva strategica, aziendale o istituzionale, e nessun soggetto ha il potere di obbligare gli altri a seguire un indirizzo unitario. Ai fini dello sviluppo turistico, un territorio è come un’ azienda, strutturata in una molteplicità di comparti, che tuttavia non dispone di un Consiglio di Amministrazione per sviluppare le strategie e gli interventi necessari al suo sviluppo unitario. A ciò si aggiunga che il livello di competenza nel settore, sia tra gli operatori aziendali e ancor più tra quelli istituzionali, è modesto.
I Sistemi Turistici Locali, previsti dalla legge 135, sono indubbiamente un elemento di novità, perché codificano in legge ciò che prima era lasciato alla buona volontà o alla capacità dei singoli e non vi è dubbio che aprono prospettive interessanti per l’attuazione di forme di sussidiarietà. Ma il “fare rete” rischia di restare ancora una volta una buona, quanto inefficace, esortazione se non si introducono strumenti e metodi adeguati. Il “fare sistema” non è (solo) il frutto della buona volontà dei singoli: è frutto di una cultura turistica, che matura nel tempo alla luce dell’esperienza, e soprattutto è frutto di strumenti e metodi che consentano, a soggetti che operano in totale autonomia, di prendere decisioni condivise e di assumere le necessarie responsabilità, in tempi certi, per realizzare gli interventi necessari ad attuarle. Si tratta quindi di un processo del tutto volontario che può diventare sinergico e “sistemico” solo nel momento in cui tutti i soggetti accettano le regole del gioco. Ma perché questo avvenga occorrono i luoghi decisionali, la definizione dei tempi, la condivisione delle risorse e soprattutto una leadership autorevole riconosciuta.
I Sistemi Turistici Locali, pur diversamente interpretati da regione a regione, sono quindi uno strumento favorevole, ma vanno dotati degli strumenti necessari a rendere operativa la loro funzione.
(Andrea Macchiavelli, docente di Economia del Turismo all’Università di Bergamo)