Come sorge una rete? Come se ne può favorire la nascita? Cosa la tiene viva? Un efficace punto di osservazione su questi argomenti è quello di Compagnia delle Opere, che della rete tra imprese ha fatto uno dei suoi temi principali.

Ne parliamo con il direttore generale di CDO Enrico Biscaglia. «È vero. Tanti parlano di fare rete, fare sistema… Per noi questo è un tema centrale. Non pretendiamo certo di averne il copyright, ma è un tema che ha a che fare con la nostra stessa origine».



Per quali ragioni?

Recentemente il presidente di CDO, Bernhard Scholz, parlando ai responsabili dell’associazione, diceva che una rete nasce quando si comincia a valorizzare l’iniziativa di un’altra persona, un’altra azienda, un cliente, un fornitore, un collega, un professionista, quando si comincia a guardare il positivo che l’altro può avere. Questo ha molto a che fare con il motivo per cui CDO esiste.



Quindi l’obiettivo di CDO è quello di creare reti tra imprenditori?

Noi vogliamo aiutare l’imprenditore a realizzare il desiderio che ha nel fare impresa. Come? Il modo migliore è quello di partire dal suo bisogno e metterlo in relazione con altri imprenditori che possano aiutarlo nel merito. È da questo che prende vita una dinamica di rapporti tra gli imprenditori che spesso è sfociata in forme di partnership, nel mettersi insieme per con-correre, cioè cooperare per meglio competere. Così nascono tante reti, formali o informali, non come progetto a tavolino, ma come modalità quotidiana del lavoro di CDO.



Quando la rete funziona davvero?

Funziona quando ciascuno diventa una risorsa per gli altri. Detto in altro modo, quando l’affrontare tutti i problemi del fare impresa porta a rendere ragionevole, utile e conveniente, lo stabilire una relazione positiva tra imprenditori: ad esempio per promuovere le vendite, o per risparmiare sugli acquisti, creare partnership, e affrontare mercati esteri, partecipare a gare e costituire filiere… La rete non nasce da sola. Occorre sempre un soggetto che la fa, che l’attiva. E poi occorre qualcuno che l’aiuti a trovare il modo di svilupparsi e di crescere. In questo senso CDO è importante perché guarda positivamente a queste iniziative favorendo un clima di fiducia. Il primo passo per costruire una rete è fidarsi gli uni degli altri. Questo lo ha documentato bene anche il Matching, l’evento “business to business” che dal 2005 organizziamo a novembre.

Come funziona?

Si tratta di un evento nato con l’obiettivo di favorire le relazioni di business tra gli imprenditori. Chi si iscrive, arriva al Matching con un’agenda di appuntamenti “one to one” costruita a partire dalle sue esigenze specifiche.

Non è l’unico evento di questo tipo…

No. Però se si ascoltano gli imprenditori che vi hanno partecipato, la cosa che hanno apprezzato di più è stato proprio quel clima aperto e produttivo che in tantissimi casi ha generato rapporti tra imprenditori favorevoli alla crescita reciproca.

In questo caso il “soggetto” che attiva la rete, è proprio CDO…

No. Noi creiamo delle occasioni, favoriamo delle opportunità; poi ciascuno liberamente può scommettere su ciò che vede e incontra. CDO serve a chi prende iniziativa, ma non intende assolutamente sostituirsi all’imprenditore.

Cosa favorisce questo clima?

Il fatto che ci sia una ragione per stare insieme che precede l’utilità propria di un singolo progetto. Altrimenti prima o poi le difficoltà incontrate porterebbero all’esaurirsi della spinta propulsiva iniziale oppure omologherebbero questa iniziativa a tante altre. Si tratta cioè di una collaborazione tra imprenditori che sorge dal desiderio di affrontare insieme, per convenienza e per gusto, una nuova opportunità per le proprie attività economiche. Se c’è una ragione che sostiene il proprio lavoro, il ritorno è doppio.

Non dimentichiamo che una delle prime difficoltà che gli imprenditori manifestano è quella di sentirsi soli nel loro fare impresa. E questa non è un’affermazione di carattere psicologico, ma riguarda il contesto del loro lavoro. Quindi è evidente quanto sia decisivo costruire opportunità di relazione, accompagnate da un ambiente positivo, da un rapporto di fiducia, da una ragione ideale che le sostiene.

Avete messo a punto un modello che funziona…

Guardi, io ho l’allergia per i modelli. Se il Matching non fosse diventato utile trovando una sua forma, non raggiungerebbe quest’anno le duemila imprese partecipanti e non sarebbe diventato in pochi anni il più grande evento di B2B del nostro Paese. Però, senza un’esperienza quotidiana di CDO che accompagna l’imprenditore, anche l’aver individuato una forma interessante, non servirebbe a nulla.

Questo lavoro genera risultati visibili in termini di aggregazioni tra imprenditori?

Certo, anche perché questa inclinazione al mettersi insieme fa parte del Dna degli imprenditori italiani. Le piccole imprese in Italia hanno sempre avuto una forte relazione tra loro e anche il rapporto tra piccole e grandi imprese è stato ben più una collaborazione che non un antagonismo.

Ad esempio, tante imprese della meccanica a Bologna sono nate nei garage per l’intraprendenza di giovani meccanici. Ma se si ascolta la storia di queste imprese, ci si sente raccontare innanzitutto le vicende delle persone che hanno lavorato con e per loro, che sono diventate essenziali per lo sviluppo, ma anche degli istituti professionali che facevano formazione e hanno fornito capitale umano di valore, e ancora del sostegno dei fornitori, della banca locale… Questi uomini non hanno fatto da soli. Hanno costruito intorno a loro un “movimento”, che ha trascinato dietro a sé tante persone e tante aziende sino a rendere questo agglomerato capace di essere un’industria competitiva a livello internazionale.

Costruire la rete è l’originalità di CDO?

A noi interessa il rapporto con gli associati. E l’unica ragione che fa associare gli imprenditori è quella da cui abbiamo iniziato questa conversazione: essere aiutati nel desiderio di fare impresa e nel crescere coscienti di ciò che si fa.