Al Meeting di Rimini per un incontro sul tema del rapporto tra economia finanziaria e economia reale, Corrado Passera, ad di Intesa-Sanpaolo, non si sottrae alle domande d’obbligo sul caso Alitalia. Conferma l’investimento di 100-150 milioni di euro da parte del gruppo e anticipa l’ingresso di nuovi azionisti: «con il commissariamento si apre una fase nuova».



Sul tema banche e risparmio si dimostra ottimista ma non esclude contraccolpi economici di nuove crisi del sistema creditizio Usa, anche se il nostro sistema non ne ha risentito direttamente grazie ad un sistema regolatorio che ha funzionato a dovere.

Dal recente ritrovo annuale della Fed in Wyoming, Usa, Ben Bernanke e Mario Draghi hanno espresso la propria preoccupazione per il protrarsi della crisi finanziaria che interessa l’economa mondiale. Dobbiamo attenderci altri fallimenti importanti?



Certamente negli Usa ci sono stati comportamenti da parte di alcuni intermediari che fanno prevedere altri possibili gravi sviluppi. Ci tengo a dire che nel nostro paese quei casi non ci sono stati, sia per il sistema regolatorio che abbiamo, sia per l’attività delle banche stesse, che per il controllo della Banca d’Italia. La gestione della liquidità delle banche è stata molto, molto più prudente e quindi non mi aspetto contraccolpi nel nostro paese. Certamente, grossi guai negli Stati Uniti possono portare a impatti negativi sull’economia Usa, e questi avere conseguenze nell’economia del resto del mondo. Gli ultimi dati sull’economia americana, invece, fanno ben sperare.



Si è parlato molto in tempi recenti di autonomia delle banche e del rapporto tra azionisti e management. Al di là delle possibili soluzioni e proposte, è stata l’occasione, per l’intero sistema, di interrogarsi sulla finalità del risparmio entro e oltre la creazione di valore per gli azionisti. Che ne pensa?

È un tema molto complesso, sul quale questa estate il professor Bazoli ha dato un contributo di grande autorevolezza e chiarezza. A mio avviso dobbiamo sempre tener presente che le banche sono imprese: come società, hanno come obiettivo prioritario quello di massimizzare – o meglio, di ottimizzare – il valore per i loro azionisti. Sono però aziende del tutto particolari, che maneggiano risparmio, che fanno da tramite tra il risparmio e gli investimenti e quindi non possono non porsi il tema dell’impegno che possono avere nel favorire la crescita economica sostenibile dei paesi dove operano. Occorre tuttavia tenere ben presente un punto fondamentale: non siamo né opere di filantropia né agenzie di sviluppo. Ma facendo bene il nostro mestiere andiamo a coprire bisogni che oggi sono scoperti – è quello che abbiamo fatto con Banca Prossima, per esempio; creare una banca per l’impresa sociale vuol dire fare banca. E occorre saperlo fare in maniera adeguata a settori che tipicamente in banca non hanno mai trovato sufficiente attenzione. La banca, quindi, è un’azienda un po’ speciale. Nella sua responsabilità sociale deve contribuire allo sviluppo del paese e più in generale allo sviluppo delle realtà territoriali nelle quali opera. Ma opera in un settore molto regolamentato, ed è giusto che sia così. 

Un tema caldo è stato ed è quello del rapporto tra banche e piccoli risparmiatori. Viviamo tuttora in un clima di sfiducia: come uscirne? L’accordo governo-banche sui mutui, concluso all’inizio dell’estate, è il primo passo per ricostruire un rapporto di fiducia? Che ne pensa?

Sono tante le cose che vanno fatte. Certamente quell’accordo è stata una cosa molto utile, noi lo avevamo anticipato due anni fa, mettendo in condizione tutti i nostri clienti di allungare il mutuo nel caso che si fossero trovati in difficoltà a pagare le rate. Non possiamo quindi fare a meno di condividere che sia stato esteso a tutto il sistema bancario. Il problema di fiducia, lo riconosco, esiste. Fa piacere che a livello di singola banca la stragrande maggioranza dei nostri clienti lo siano da anni, da decenni, in alcuni casi da generazioni. Certamente questa fiducia va guadagnata, e noi in certi settori possiamo migliorare il nostro modo di fare, per esempio nella consulenza alla gestione del risparmio, soprattutto quella dedicata alla fascia media dei risparmiatori – piccoli risparmiatori e famiglie – per talune tipologie di investimento. Dobbiamo senz’altro essere più bravi ad accompagnare all’estero le imprese che vogliono investire. Però, va detto, negli ultimi anni il sistema bancario ha fatto oggettivamente dei grossi passi avanti e oggi il fatto che due delle più grandi banche italiane siano tra le principali banche europee e mondiali è la prova che il lavoro che si sta facendo è comunque positivo.

Cosa si sente di dire sull’ultimo capitolo della vicenda Alitalia?

Il progetto al quale stiamo lavorando è un progetto imprenditoriale molto solido e molto serio, di medio-lungo periodo e vuole essere un progetto “di sistema”. Teniamo presente che prevede lo sviluppo di un’azienda in grave difficoltà, che ha accumulato perdite, errori, contenziosi, ma che a nostro avviso ha all’interno anche risorse risanabili. C’è la disponibilità di partner disponibili e intenzionati a investire nel progetto. Il fatto che esso abbia avuto l’apprezzamento anche di possibili partner internazionali, di cui l’azienda ha comunque bisogno – come tutte le aziende di questa dimensione – ci conforta. Ripeto, è un progetto la cui probabilità di successo stimiamo alta, ma che nello stesso tempo pensiamo vada costruita giorno per giorno. Ci sarò certamente un ampio confronto con i sindacati, ma l’azienda tutta dovrà essere ampiamente ridisegnata. Credo che i presupposti ci siano.

Per effettuare il salvataggio è stata modificata ad hoc la legge Marzano sul commissariamento delle grandi imprese in stato di insolvenza…

È stata corretta la legge Marzano in maniera a mio parere saggia, perché la Marzano che tutti conosciamo era più adatta a crisi finanziarie che industriali, mentre Alitalia ha problemi gravi di breve periodo e quindi era necessario mettere il commissario in condizione di agire il più in fretta possibile. Questo è stato fatto, oggi stesso il Cda ha chiesto il commissariamento, verrà formalizzata in breve tempo la nomina del commissario e a quel punto si potrà presentare il piano.

Bersani questa mattina ha detto che alcuni componenti della cordata sono entrati nel piano “con la pistola alla testa”. Cosa risponde?

Non ho letto questa infelice frase, ma avendo collaborato a molto del lavoro che è stato fatto da Gaetano Miccichè, le posso dire che la totalità degli azionisti con i quali ho parlato – e ho parlato con tutti – sono persone libere e hanno analizzato il progetto con grande attenzione, dimostrando pari disponibilità e volontà oltre che capacità di investimento. Naturalmente questo progetto ha tante condizioni: se non si riuscisse a trovare un accordo sindacale, il progetto non partirebbe. Bisognerà passare attraverso numerose autorizzazioni, attraverso il parere delle autorità europee competenti e altri adempimenti. Io credo che l’Europa apprezzerà il fatto che si abbia avuto il coraggio di commissariare la vecchia Alitalia, e che ci sono privati che investono a lungo termine – ricordo che l’impegno è di rimanere nell’azionariato almeno cinque anni. Naturalmente, se ci saranno delle modifiche da fare, se ne discuterà.