La liberalizzazione del mercato postale, voluta dall’Unione Europea, a partire dal 1° Gennaio del 2011, apre a nuovi scenari competitivi.
Il settore è rilevante per l’economia europea e l’incremento della competitività non potrà che apportare benefici ai consumatori. È presente tuttavia un lato negativo della medaglia: l’Italia si trova impreparata a questa “rivoluzione” di mercato e l’operatore storico rischia di trovarsi di fronte a notevoli difficoltà nel corso dei prossimi anni.
L’intervista dell’Amministratore Delegato di Poste Italiane, Massimo Sarmi, ad Affari e Finanza de “La Repubblica” dello scorso lunedì 22 settembre non solamente sembra non affrontare le problematiche dell’azienda, che pur avendo chiuso i bilanci in positivo negli ultimi anni ha forti debolezze, ma esplicita la volontà di limitare la concorrenza nel mercato.
L’amministratore delegato afferma infatti che è necessario nel settore istituire un contratto unico per tutte le aziende operanti; a titolo esemplificativo è come voler obbligare tutte le compagnie aeree ad avere gli stessi contratti di lavoro applicati in Alitalia.
Non ammette inoltre la possibilità di lasciare entrare capitali privati nell’azienda e non lascia spazio a fusioni internazionali; se la prima azione potrebbe essere molto utile all’operatore per avere i capitali per svilupparsi, la seconda sembra essere essenziale in quanto Poste Italiane è un piccolo operatore europeo con solo il 5% della quota di mercato europea.
Le motivazioni per le quali l’amministratore delegato sembra non essere intenzionato ad aprire al mercato Poste Italiane sono molteplici: l’azienda rimane la prima in Italia per posti di lavoro offerti, avendo quasi 150.000 impiegati. Un’entrata di una logica di mercato avrebbe l’effetto di un ridimensionamento dell’azione politica e sindacale che ancora oggi hanno un’influenza notevole nelle scelte del management. Il mantenimento di concorrenza limitata, inoltre, aiuterebbe l’operatore a chiudere i bilanci senza perdite.
Il bilancio di Poste Italiane ha alcune anomalie: l’azienda riceve ancora sussidi pubblici in parte non giustificabili. Secondo uno studio indipendente condotto da “Lucciola & partners”, nel 2006 l’azienda riceveva circa 3,3 miliardi di euro dallo Stato italiano; di questi 370 milioni erano dovuti agli oneri del servizio pubblico e 333 milioni di euro alle integrazioni tariffarie editoriali ed elettorali. Le cifre più consistenti, circa i dati sui servizi finanziari, riguardavano 1,2 miliardi di commissioni dalla Cassa Depositi e Prestiti e 1,44 miliardi di interessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze su giacenze su conti correnti.
Il mercato postale italiano, come giustamente ricordato dal Professore Ugo Arrigo del CRIET-Università Milano Bicocca in una recente pubblicazione su “Mercato, Concorrenza e Regole”, è caratterizzato da due fenomeni negativi che agiscono contemporaneamente: un’assenza di concorrenza e il mancato sviluppo del mercato stesso. Il livello qualitativo, anche rapportato ai prezzi, non raggiunge i livelli che sono tipici di altri paesi europei.
Sono necessari dunque provvedimenti governativi per aprire alla concorrenza in modo che questa ultima possa favorire lo sviluppo del mercato postale.
Il confronto con il settore del trasporto aereo è purtroppo attuale: quando nel 1997 la liberalizzazione europea aprì il mercato, per dieci anni Alitalia non venne mai trattata come un’azienda che doveva competere sul mercato. La classe politica e sindacale, ostinandosi a trattare il vettore aereo in un modo non professionale, non hanno mai permesso al management di gestirla, con il risultato che attualmente Alitalia è sull’orlo del fallimento, nonostante ricapitalizzazioni pubbliche per oltre 4 miliardi di euro.
Poste Italiane, pur avendo il salvagente di BancoPosta, sembra purtroppo seguire il destino di Alitalia, sempre per le solite cause: la politica e i sindacati, che addirittura sono riusciti a fare eleggere come presidente un ex sindacalista, Giovanni Ialongo, non sembrano avere una visione di lungo periodo.
La liberalizzazione europea porterà benefici per i consumatori, come è successo per il trasporto aereo, ma evidenzierà i limiti di gestione di Poste Italiane.