Allacciatevi le cinture. Si parte, destinazione Parigi. E pazienza se i romantici del libero mercato debbono rinunciare al proprio bagaglio. A bordo non sono ammessi i libri di Adam Smith, ma almeno “Il principe” di Machiavelli è compreso nel prezzo.

Il fine giustifica i mezzi. Basta accontentarsi. Parigi val bene una messa (in scena) ma qui Enrico IV non c’entra. Il viaggio era programmato da troppi anni: non si contano più le volte in cui il cda di Alitalia aveva fatto rotta su AirFrance-Klm senza però riuscire mai a prendere il volo. «Ci vuole l’esorcista per Alitalia» tuonò nei mesi scorsi l’amministratore delegato della compagnia francese Spinetta. Difficile dargli torto. Ora però il rito si compie davvero. I francesi mettono sul piatto 320 milioni di euro per il 25% del capitale e i soci italiani già intascano 40 milioni di euro di sovrapprezzo rispetto all’investimento iniziale. Business is business. Almeno qualche volta.



L’operazione è indubbiamente positiva sotto molti aspetti. L’intesa tra Cai e AirFrance-Klm garantisce un futuro di respiro internazionale alla ex compagnia di bandiera e nei prossimi 3 anni sono previste sinergie per 720 milioni di euro. Trovato un compromesso per mantenere la centralità di Fiumicino e allo stesso tempo valorizzare Malpensa, destinato a essere l’hub di riferimento per il giro d’affari della pianura padana.



Qui comunque i nodi da sciogliere non sono pochi e proseguono sotto traccia le trattative con Sea e soprattutto istituzioni del Nord. Conti alla mano, si tratta di gestire al meglio un mercato al quarto posto in Europa e ottavo nel mondo. E sullo sfondo c’è anche l’Expo di Milano. L’ampliamento dell’offerta di voli nazionali e internazionali, unita a un miglioramento della qualità del servizio, allontana i cattivi pensieri di un ridimensionamento della nuova Alitalia.

Certo, stona un po’ registrare all’esordio della partnership molti posti vuoti a bordo dei due boeing Roma-Buenos Aires e Milano-San Paolo. Dettagli. Di contro, lo sciopero previsto è stato scongiurato e il primo volo nazionale della nuova Alitalia tra Palermo e Roma è atterrato in orario.



A livello industriale l’intesa con i francesi appare solida e il pacchetto per tutelare l’italianità del vettore è stato ben infiocchettato. La clausola lock up sancisce che per 4 anni i soci italiani non potranno cedere le loro azioni ad AirFrance-Klm e nemmeno all’esterno della compagine Alitalia. Un vincolo che viene meno solo in caso di quotazione in Borsa di Alitalia a partire dal terzo anno.

Insomma, un capolavoro politico di Berlusconi capace da un lato di difendere l’italianità del vettore e dall’altro di preparare la cessione ai francesi, sfilando a Prodi un dossier già scritto. Del resto, la matematica insegna che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Lo stesso governo Prodi aveva apparecchiato la tavola per servire la torta Alitalia ai francesi ma, tra un’asta andata deserta e il successivo beauty contest, il tempo di cottura si era allungato, bruciando il suo pasticcio all’italiana.

Berlusconi ha modificato la ricetta, dosando con saggezza l’ingrediente politico e mettendo su quella torta la bandierina italiana attraverso la cordata di imprenditori di Cai. Et voilà. Il gioco è fatto. Un gioco dove la politica ha più sapore del mercato. Ma tutto è bene quel che finisce bene. I romantici del libero mercato restano in lista d’attesa. Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Presto, forse, anche loro torneranno a volare alto.