Ora che la nuova Alitalia ha preso – in tutti i sensi – il volo, l’attenzione si sposta sul futuro dei due scali milanesi, vittime sacrificali dell’alleanza tra il vettore nato dalla fusione di Cai e AirOne e Air France-Klm.
È infatti inutile, quanto mortificante, pensare che il futuro della compagnia aerea italiana e quello di Malpensa e Linate possano andare di pari passo: tanto più che se Roberto Colaninno ha già posto come condizione per spostare voli a lungo raggio a Malpensa il ridimensionamento dello scalo Forlanini ad aerostazione per la tratta Milano-Roma, a Parigi non intendono minimamente permettere che l’ex hub varesino vada a togliere fette di mercato e di traffico a Parigi Charles De Gaulle.
E Air France, nei fatti, è la vera padrona di Alitalia. Nonostante sia socia minoritaria, infatti, la compagnia d’Oltralpe tra quattro anni potrà comprare le quote dei “capitani coraggiosi” di Cai, divenendo di fatto azionista di maggioranza senza aver dovuto sostenere l’onore dei 3 miliardi di euro di debiti che il governo ha scaricato sui contribuenti. Già, la famosa cordata ha deciso di far scendere di un anno la durata del periodo di permanenza obbligata nell’azionariato di Alitalia: quindi, la tanta sbandierata italianità andrà a farsi ufficialmente benedire nel 2013, anche se nei fatti già oggi è Parigi a comandare.
Salvato Carlo Toto dai suoi debiti, fatto fare un buon investimento agli imprenditori entrati nella cordata, garantito il bacino elettorale della ex Magliana, sembra che il governo abbia compiuto del tutto la sua missione. Ed è così.
Preso atto di questo, ora occorre che si faccia pressione a tutti i livelli affinché si arrivi alla liberalizzazione delle tratte su Malpensa, al fine di consentire a molti vettori stranieri di poter investire sullo scalo varesino e renderlo competitivo. La strada appare lunga ma l’Europa potrebbe, per una volta, essere amica del libero mercato.
L’operazione Alitalia, infatti, è quanto di più monopolista si sia potuto vedere da anni nel continente: i soggetti interessati – comuni, province, Regione Lombardia – dovrebbero quindi fare fronte comune per denunciare all’antitrust di Bruxelles la scandalosa diminuzione di voli che colpirà Malpensa e Linate, una quasi interruzione di pubblico servizio inaccettabile per la prima città – parla il numero di biglietti emessi e il traffico – del paese.
Ma siccome i tempi europei sono lungi – e il Commissario ai Trasporti è tale Antonio Tajani, uno dei più ascoltati uomini di Silvio Berlusconi – a questo punto l’unica strada per attivare un interesse reale verso il tema della liberalizzazione delle rotte è un boicottaggio di Alitalia.
Nulla di illegale, nulla di penalmente perseguibile, non uno sciopero selvaggio o una violazione del regolamenti: semplicemente, per andare a Londra si voli Easyjet – che già fa hubbing al terminal 2 di Malpensa ed è pronta a crescere e investire ancora – e si eviti di sottostare al ricatto di Alitalia che ha spostato tutti i collegamenti verso la capitale britannica da Linate a Malpensa. E così per le altre destinazioni europee raggiungibili con altri vettori.
Alitalia, infatti, non sembra particolarmente interessata ai disservizi che offre agli utenti del Nord e tantomeno al potenziale danno economico e occupazionale che ricadrà sul comparto aeroportuale lombardo: perché dovremmo essere noi a preoccuparci di fare il bene di una compagnia nata grazie all’ennesimo scippo nelle tasche dei contribuenti e svenduta ai francesi che vogliono distruggere Malpensa per traghettare tutto l’hubbing italiano su Parigi?
Il tempo delle belle intenzioni, delle trattative, del dialogo è finito, occorre intervenire e sembra che l’unico linguaggio che il consorzio italo-francese-olandese riesce a capire sia quello dello scontro e soprattutto delle perdite a livello economico: il Nord viene depredato (e indebolito pesantemente visto che Malpensa non è strategica solo per l’Expo 2015 ma bensì per il progetto della nuova Fiera Milano, i cui appuntamenti verranno disertati da molti espositori e investitori che preferiranno scegliere fiere ospitate da città raggiungibili e ben collegate) e messo nelle condizioni di non poter reagire, visto che il blocco delle rotte trasforma Malpensa e Linate in cimiteri del trasporto aereo civili, quasi dei musei a memoria di questa operazione industriale vergognosa.
Alitalia e il Nord hanno interessi non solo differenti ma in netto contrasto tra loro: è ora di prenderne atto e reagire con l’arma del libero mercato e della concorrenza. Non volare Alitalia non è un atto anti-patriottico ma bensì il gesto più profondo di amore per il paese, il quale se non spezza le catene del protezionismo e dei monopoli benedetti dalla politica non potrà mai ripartire. In nome della libertà e della scelta, non voliamo Alitalia.