“Allez! Finalement!” avrà pensato Spinetta: c’è voluto del tempo ma alla fine il suo progetto su Alitalia si è realizzato e persino a condizioni migliori rispetto a quelle del marzo dell’anno scorso. Tanto che Le Figarò ha potuto titolare “La Francia domina i cieli d’Europa”. Manca solo di vedere Materazzi e Zidane andare per strada a braccetto per completare “l’antipatico” quadretto italo-francese!
Mi si permetta dopo questo inciso calcistico anche un breve excursus storico: in Spagna, il 2 maggio del 1808, le truppe napoleoniche stavano portando via dal Palazzo reale di Madrid il principe Francisco De Paula per trasferirlo in Francia (così che Giuseppe Bonaparte potesse governare indisturbato la Spagna). Fu allora che la popolazione iniziò una rivolta al grido di “¡Que nos lo llevan!” (“ce lo stanno portando via!”, riferito al principe). Da allora il 2 maggio è diventato festa nazionale, dato che da quella rivolta di piazza, nel giro di sei anni, il Paese riuscì a scacciare i francesi.
“¡Que nos lo llevan!” deve essere stato anche il pensiero di Silvio Berlusconi nel marzo del 2008, quando disse che era inaccettabile lasciare la compagnia di bandiera in mani straniere. I francesi – era grosso modo il suo pensiero – avranno tutti gli interessi a portare i passeggeri italiani in Francia e non a portare gli stranieri in Italia. Fu così che nacque l’idea della “cordata italiana”.
La cordata è poi arrivata, ma sono tornati i francesi e, come temeva il Premier, i passeggeri italiani saranno trasportati all’aeroporto di Parigi se vorranno raggiungere mete lontane, con grande giovamento delle tasche di Colaninno e soci che, proprio con Air France, hanno ridiscusso le royalty che incasseranno da ogni passeggero trasferito da un volo Alitalia a uno di Air France.
Difficile dire cosa sia andato storto, forse nella testa del Premier le cose dovevano andare diversamente. Forse di “patrioti” non ce ne sono poi tanti in questo Paese o più semplicemente nessuno ha intenzione di mettere capitali (soprattutto in periodi di crisi) in progetti che non sono immediatamente redditizi. A questo può essere dovuto anche il ritardo con cui la “cordata” si è mostrata agli occhi del pubblico. Da marzo ad agosto sono passati ben 5 mesi e probabilmente una volta spesa la propria parola, non c’era altra soluzione che questa per mantenere la proprietà italiana di un vettore aereo.
Ora solo il futuro mostrerà agli italiani, che si sono distratti e divisi tra berlusconiani e anti-berlusconiani, sindacalisti e anti-sindacalisti, pro Malpensa e pro Fiumicino, pro francesi e pro tedeschi, le concrete conseguenze di quanto avvenuto, dato che probabilmente non si sono neanche accorti che già pagano 3 euro in più (qualsiasi compagnia scelgano) di tasse aeroportuali (grazie al decreto “salva Alitalia”) con i quali sarà finanziato un fondo destinato alle “tute verdi” che resteranno senza lavoro.
Insomma si è assistito a un altro dei classici “pasticci all’italiana”, condito da leggi ad hoc discutibili, negoziati ridotti all’osso e nessuna opportunità di discutere il piano industriale e il futuro della nuova compagnia. Ma, cosa ancora più grave, nessuno ha voluto rimettere in discussione il sistema del traporto aereo italiano per disegnarne un nuovo, più adatto a una situazione che nel tempo è mutata con l’espandersi delle compagnie low cost e la scomparsa di un vettore di proprietà pubblica.
Forse nella forma, nel logo e nei colori una compagnia “italiana” resterà ancora per anni. Forse lo stesso risultato lo si avrebbe avuto con la vendita ad Air France (chi le impediva o le impedirà di mantenere vivo il marchio “Alitalia”?). O forse ancora la nuova Alitalia avrebbe potuto decidere di percorrere fino in fondo la strada dell'”italianità” e di sfidare da sola il mercato mantenendosi un piccolo vettore regionale indipendente: una mossa suicida che avrebbe portato al fallimento dell’azienda in pochi anni.
Dunque diciamolo con serenità: presa una strada e costruito un determinato piano industriale non c’erano alternative al verificarsi dei fatti cui assistiamo.
Il problema è che i nodi di Alitalia non sono stati ancora risolti.
Si diceva che l’intromissione della politica era uno dei problemi della “vecchia” compagnia. Purtroppo quella “nuova” nasce con lo stesso vizio: leggi costruite appositamente dalla politica per limitare la concorrenza, trattative portate avanti in sedi istituzionali proprie del mondo politico, pressioni per la scelta del partner e dell’hub di riferimento, per non parlare della bagarre tra schieramenti politici cui stiamo assistendo negli ultimi giorni.
C’è anche un altro nodo irrisolto: si diceva infatti che la vecchia compagnia era un enorme costo per i contribuenti. La nuova lo è e lo sarà altrettanto per almeno sette anni, dati i debiti della vecchia compagnia lasciati allo Stato e gli ammortizzatori sociali per gli ex dipendenti messi in cassa integrazione (ma quand’è che agli italiani saranno concesse informazioni e potere decisionale su come vengono spesi i loro tributi?).
A proposito di lavoro, si diceva anche che troppo forte era il potere sindacale nella “vecchia” compagnia. Nella “nuova” il problema permane, tanto che un sindacato autonomo come SdL è arrivato a chiedere lo stop delle assunzioni nella nuova compagnia, perché molti dipendenti a cui viene dato il posto arrivano su precisa “raccomandazione” dei sindacati.
Si diceva anche che Malpensa e Linate non potevano convivere, e che il primo era “irraggiungibile” da Milano, ma le cose non sono cambiate. Si diceva che Alitalia non aveva mai fatto una scelta precisa tra Malpensa e Fiumicino come hub. Questo problema è l’unico risolto: ora nessuno dei due lo sarà.
Infine si diceva che la compagnia si reggeva su logiche che nulla avevano a che fare con il mercato. Anche qui, purtroppo, il vizio non è stato perso, giacché per uno strano gioco di specchi, la nuova Alitalia viene considerata in continuità aziendale con quella vecchia soltanto quando conviene e fa comodo. Si decide anche di comunicare ufficialmente il nome del partner a poche ore dalla presa del comando della compagnia, quando ancora non sono stati assunti tutti i dipendenti necessari e non si conoscono le condizioni a cui è stata acquistata AirOne. E che dire del monopolio che avrà la nuova compagnia rispetto alla “normalità” degli altri Paesi europei?
In sintesi questo “pasticcio all’italiana”, che ha richiesto mesi di preparazione, consegna al Paese una compagnia piccola, di fatto in mano straniera, e per nulla conviente per i passeggeri italiani, oltre che un sistema del traporto aereo in totale declino. Una sconfitta per il Paese. Ma il vero vincitore non è Air France. Nell’ombra dell’altare al contribuente ignoto, infatti, pare sia stato acceso un cero a forma di airone: “per grazia ricevuta”. Merito della magica “Intesa” di una fenice…