A seguito di una nuova disputa con l’Ucraina su debiti pregressi e prezzi di fornitura, mercoledì 7 gennaio Gazprom ha interrotto la totalità dei flussi delle forniture di gas destinate all’ex paese sovietico. Il danno collaterale è stato la contemporanea interruzione dei flussi del corridoio sud, noto anche con l’ironico nome di “Fratellanza”, verso diversi paesi europei. Quindi, dopo appena tre anni, ci troviamo a fronteggiare una nuova crisi del gas, costretti a immaginare alternative stabili alla dipendenza dal gas russo.



Per quel che concerne l’Italia, nonostante la dipendenza dall’estero sia particolarmente elevata (circa il 90% dei consumi), fra i vari paesi europei, è uno di quelli che risente meno di tale ammanco. Infatti, le adeguate infrastrutture d’interconnessione con l’estero e una robusta capacità di stoccaggio ci consentono dei margini di flessibilità di alcune settimane.



Anzitutto, le importazioni sono assicurate da quattro gasdotti e da un rigassificatore. I gasdotti ci collegano a Russia (che fornisce il 27% dei consumi totali), Algeria (26%), Libia (11%) e Nord Europa (20%). Quindi, il restante 6% della domanda è garantito dal terminale di rigassificazione di Panigaglia, vicino a La Spezia. Lo stoccaggio è invece il cuore della sicurezza del nostro sistema: la sua capacità di circa 13 miliardi di metri cubi potrebbe coprire quasi il 16% dei consumi annuali.

A onor del vero, anche la crisi economica in atto ha attenuato gli effetti dell’ammanco: rispetto all’anno scorso, infatti, i consumi industriali sono calati di oltre il 30%, riducendo in modo sensibile la necessità giornaliera di gas. È chiaro, tuttavia, che se l’interruzione dovesse perdurare e sommarsi a prolungate e anormali temperature polari, anche il nostro sistema gas andrebbe in crisi.



Cerchiamo ora di dare alcune chiavi di lettura. Il braccio di ferro fra Russia e Ucraina si chiuderà presto, perché il danno economico che stanno subendo i due paesi li ricondurrà nel giro di pochi giorni a più miti consigli. Da questo punto di vista possiamo stare tranquilli, non vi è alcuna emergenza imminente.

Il vero problema riguarda il medio lungo termine. Bisogna infatti capire se si possano trovare delle forniture alternative a quelle russe, in modo da ridurre sia il loro potere contrattuale, sia quello dei paesi di transito. Per fare questo, però, bisogna trovare delle riserve di gas e una capacità di produzione (almeno) paragonabile a quella russa. Questa necessità si fa ancora più pressante considerando che la produzione di gas naturale in tutta l’UE è in forte declino: le previsioni della stessa Commissione Europea indicano che al 2020 più dell’80% di metano consumato in Europa sarà importato. Per l’Italia questo vuol dire che le importazioni dal Nord Europa andranno progressivamente riducendosi.

Le soluzioni alle quali sta lavorando l’UE sono sostanzialmente due: maggior ricorso al GNL (gas naturale liquefatto trasportato via nave) e la costruzione di gasdotti che colleghino il Caspio (regione ricca di gas) all’Europa senza passare dalla Russia (noto come progetto Nabucco).

Il pregio principale del GNL è senza dubbio la flessibilità: l’importazione attraverso la filiera del GNL, infatti, non comporta un legame fisico e inscindibile tra produttore d acquirente, come avviene, invece, per il trasporto via gasdotto. Questo vuol dire che gli importatori possono comprare gas dal miglior offerente.

Il suo peggior difetto, almeno fino ad oggi, è il costo: i paesi che maggiormente si approvvigionano di gas in questo modo (Spagna e Giappone su tutti) sono i paesi che pagano il prezzo d’importazione più alto. Certamente, in caso di forte sviluppo di questa modalità di trasporto, i costi potrebbero diventare sempre più competitivi, tanto da rivaleggiare con il gas via tubo. A oggi, però, non si hanno segnali incoraggianti per quel che riguarda l’installazione di nuova capacità di liquefazione, minando alla base uno sviluppo in tempi rapidi del gas liquefatto.

Come già anticipato, L’Europa spinge anche per la costruzione di gasdotti che colleghino i campi di produzione del mar Caspio all’Europa senza passare per la Russia. Questo comporterebbe però l’entrata in gioco dell’Iran (terzo paese al mondo per riserve di gas), la cui affidabilità è quanto meno dubbia.

Insomma, pensare di liberarsi dalla dipendenza del gas russo è impossibile. La Russia è di gran lunga il primo paese per riserve e per produzione e controlla saldamente anche l’estrazione di gas naturale di tutti i paesi del centro Asia, ostacolo insormontabile alla creazione del Nabucco.

Allo stesso tempo, però, attività coordinate a livello europeo, quali la costruzione di infrastrutture per diversificare le fonti e migliorare la circolazione del gas all’interno dell’UE, il libero accesso alle reti, il divieto di strutture contrattuali troppo rigide e la riduzione delle posizioni dominanti, potrebbero indebolire la forza di Gazprom, il colosso russo dell’energia.

In definitiva, se davvero vogliamo metterci alle spalle la preoccupazione d’improvvisi blocchi di forniture, dobbiamo essere coscienti che la miglior diversificazione possibile è la progressiva riduzione dei consumi di gas, magari a favore di un mix energetico più equilibrato.