Il mercato dell’auto è in profonda crisi e quello italiano lo è ancora di più; l’azione di lobbing da parte dei player del settore è all’apice in questi giorni e le tinte fosche sono quelle preferite da tutti i giornali.

È anche di pochi giorni fa l’entente tra Chrysler e Fiat che prevede l’ingresso nel capitale del gruppo americano da parte della casa automobilistica di Torino in cambio delle tecnologie “pulite”.



L’accordo è ancora all’inizio ed è stato fatto solo un primo timido passo; infatti molti gradini devono essere ancora superati tra i quali la due diligence e il parere positivo dell’antitrust. L’alleanza tuttavia non è stata ben gradita dal mercato azionario, forse a causa della debolezza del gruppo americano sull’orlo del “Chapter 11”.



Insieme i due gruppi supererebbero di poco i 4 milioni di veicoli venduti con una focalizzazione sul mercato americano ed europeo; in entrambi i mercati tuttavia i due carmaker non avrebbero una posizione di predominanza e sarebbero sia in Europa cosi come negli Stati Uniti il quinto gruppo. Le due imprese sarebbero invece quasi totalmente assenti sul mercato asiatico che presto diventerà il più importante al mondo.

Fiat e Chrysler, se mai riusciranno a concludere la fusione, avranno dunque molte debolezze; tuttavia esistano delle buone complementarietà a livello di modelli di veicoli. Fiat è molto ben posizionata nel segmento delle “piccole”, mentre Chrysler è forte nel segmento dei light truck.



In Italia si discute di aiuti al settore auto, cosi come è stato fatto in antecedenza in mercati più importanti, quali la Germania. Nel paese governato da Angela Merkel il settore auto vale oltre 6 volte quello italiano e si comprende bene la preoccupazione della cancelliere tedesca.

Dopo la riunione di ieri a Palazzo Chigi, il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola ha promesso un pacchetto di interventi entro 10 giorni. È giusto tuttavia dare aiuti settoriali? Bisognerebbe spiegare ai cittadini italiani perché sia giusto aiutare il settore auto e non quello delle telecomunicazioni o del turismo che è più importante anche del settore auto motive.

Aiutare tutte le imprese e non una singola azienda non è un aiuto di Stato; questo è bene chiarirlo. I Governi infatti non hanno aiutato Fiat, Renault o Volkswagen perché questo si configurerebbe come un chiaro aiuto di Stato.

Se si vuole abbassare la tassazione in un determinato settore questo è certamente un fatto positivo, ma non è comprensibile la differenziazione tra un settore e un altro e soprattutto non è comprensibile l’aumento della spesa pubblica, quando il debito italiano peserà a breve il 110% del Prodotto interno lordo.

Aiuti da parte dello Stato: perché l’auto si e altri settori no? Certamente il settore è in grado di fare maggiori pressioni politiche e in questo momento, come afferma lo stesso Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, si pone l’accento sul settore industriale; di conseguenza l’auto diventa altamente simbolica.

Solo una piccola contraddizione: a fine ottobre, quando la crisi era già scoppiata da oltre un mese e mezzo e le Borse crollavano, il Governo ha deciso di aumentare le tasse aeroportuali del 300%, con un gettito previsto di oltre 160 milioni di euro. Perché questa discrasia tra auto e trasporto aereo? Al Governo la risposta.

Il mercato dell’auto italiano non è quello tedesco e la Fiat purtroppo non è Volkswagen.

Se il mercato europeo dell’automobile conosce una crisi profonda, con una contrazione delle vendite dell’8,5% nel 2008, con una “perdita netta” di oltre 1,2 milioni di veicoli, il mercato tedesco meglio si è comportato nel corso dello scorso anno; infatti la diminuzione è stata dell’1,8%, molto meglio del mercato italiano dove la decrescita è stata invece di oltre 13 punti percentuali.

Questo andamento non troppo negativo del mercato tedesco ha avuto un impatto anche sulle singole case automobilistiche teutoniche. Il primo gruppo europeo, VW Group ha immatricolato oltre 3 milioni di autovetture con una contrazione di poco superiore al 4% e la quota di mercato è cosi cresciuta dal 19,8 al 20,6%.

Andando ad analizzare i marchi del gruppo VW, si nota come i marchi tedeschi abbiano avuto un andamento positivo, con Audi che ha addirittura aumentato le vendite in un anno cosi difficile. Solamente il marchio Seat ha avuto una performance peggiore del mercato, dovuto anche il fatto che il mercato spagnolo è profondamente in crisi.

BMW Group ha aumentato la sua quota di mercato al 5,6%, riprendendosi il settimo posto in Europa e superando Toyota che ha visto scendere la propria quota di mercato al 5,5%. Nel complesso il marchio di lusso ha venduto circa 820 mila vetture in Europa con una contrazione di solo il 4%.

Daimler invece ha visto scendere del 6% le vendite; il dato è stato appesantito dall’andamento di Mercedes che ha perso il 7,5% e in parte “salvata” solo dal buon comportamento di Smart (+7%). La quota di mercato è comunque aumentata di un decimo percentuale attestandosi al 5,4%.

Un capitolo a parte è da dedicare ad Opel: facendo parte del gruppo GM Motors, risente della crisi della “casa madre”. Il marchio tedesco ha perso il 14%, perdendo quote di mercato ed è stata scavalcata dalla seconda delle “Big Three”, Ford.

Bisogna sottolineare che gli ultimi tre mesi del 2008 sono stati molto difficili per tutto il mercato europeo e anche per le case automobilistiche tedesche e il 2009 sarà altrettanto complicato.

Questi i dati di mercato, ma è interessante vedere le strategie delle diverse case automobilistiche.

VW Group ha il grande vantaggio di essere presente in tutti i mercati mondiali; è una vera impresa globalizzata, che le permette di affrontare al meglio la crisi. Questo non significa che ne è immune, ma che ha buone possibilità di risollevarsi e di essere più forte alla conclusione della crisi stessa. Negli Stati Uniti è l’ottavo gruppo, con oltre 300 mila vetture vendute e con una quota di mercato in crescita; per il solo comparto autovetture (negli States il mercato si divide equamente in auto e light Trucks) ha il 4,6% del mercato. In Cina è il primo produttore con oltre 1 milione di vetture vendute e dunque ha una presenza internazionale molto forte.

Prima ancora della scalata dello scorso anno, Porsche e VW avevano in comune alcune piattaforme quale quella del Cayenne con il Q7 Audi e il Touareg VW e la fusione ha stretto la collaborazione. Porsche è ormai azionista di maggioranza assoluta di VW e questo darà al gruppo la possibilità di una strategia precisa, sbagliata o giusta che sia.

Daimler e BMW sono più piccole e molto probabilmente nei prossimi anni potrebbero andare incontro a fusione con altri gruppi, se come sembra, il mercato va nella direzione del consolidamento; si è parlato spesso di un accordo tra BMW e Fiat, ma potrebbero essere possibili anche altri accordi.

Fiat conoscerà un 2009 estremamente difficile a causa della sua focalizzazione sul mercato italiano; è un’azienda poco internazionalizzata e questo è il suo più grande limite. Solo un auto su 33 nel mondo ha il marchio del Lingotto e la presenza nel mercato asiatico ed americano è quasi inesistente.

Aiutare un singolo settore è molto sbagliato e sarebbe necessaria invece una diminuzione della pressione fiscale generalizzata, ma finanziata dalle riforme che l’Italia aspetta da troppi decenni.