La crisi come opportunità: è intorno a questo concetto che ormai quasi tutti, economisti, politici e intellettuali, si stanno concentrando per superare le difficoltà del momento attuale. E tra queste riflessioni “costruttive” si è imposta anche la parola autorevole del Papa, Benedetto XVI, che ha aperto il nuovo anno invitando tutti a ripensare dal profondo il nostro sistema economico, senza limitarsi a semplici “rattoppi”. È la grande sfida per uno sviluppo veramente umano che, secondo l’economista Alberto Quadrio Curzio, rappresenta da sempre il punto focale della dottrina sociale cattolica.



Professor Quadrio Curzio, il Papa nell’omelia del 1° gennaio ha detto che la crisi economica deve condurre ad una «revisione profonda del modello di sviluppo dominante». Quale direzione occorre intraprendere?

L’orientamento sociale cattolico ha sempre sostenuto che lo sviluppo deve essere integrale e perciò deve avere come fine la promozione della persona nella sua completezza. Il benessere non può considerasi fine a se stesso. È la corretta combinazione di Istituzioni, società e mercato che promuove il bene comune che incorpora ed orienta il benessere rendendo le persone attori e partecipi della costruzione di una democrazia di liberi e responsabili esseri umani. L’eccesso di enfasi sulla “ricchezza”, specie quella fatta rapidamente più tramite le “speculazioni” che tramite le “costruzioni”, sminuisce altri valori tra i quali la formazione, l’istruzione, la cultura, la ricerca, la sensibilità sociale, la consapevolezza che ogni opera per essere durevole deve essere fondata su basi solide.



 

Il Papa ha detto inoltre che «la globalizzazione elimina certe barriere, ma può costruirne di nuove»: la crisi che ha investito la finanza e poi l’economia dei paesi sviluppati è una di queste?

La globalizzazione che pure ha avuto ed ha aspetti positivi, negli ultimi anni ha subito una deriva incontrollata. La dottrina sociale cattolica da molti anni aveva preso contezza di questo fenomeno dovuto a molti fattori (finanziari, reali, della comunicazione) esprimendo un apprezzamento condizionato a due necessità: che le istituzioni non perdessero il loro ruolo di supervisione e regolazione; che la solidarietà sociale non venisse considerata quale prodotto spontaneo del mercato globale in una concezione meccanicistica. Da ciò venne la proposta di “globalizzare la solidarietà” che purtroppo non ha avuto corso causando molti danni: movimenti migratori incontrollati, finanziarizzazione fraudolenta, eccessi di rischi creditizi, commerci di prodotti nocivi e falsificati. È ben vero che alcuni Paesi, come la Cina e l’India, hanno avviato uno sviluppo e ciò è importante ma non basta se non c’è una condivisione che lo sviluppo non è solo economico.



 

Poi si afferma che questa crisi va interpretata come un «banco di prova». Come diminuire la vulnerabilità del sistema in modo praticabile e realistico? L’esigenza di amministrare saggiamente le risorse disponibili come può coesistere con lo sviluppo e la moltiplicazione della ricchezza?

La sostenibilità dello sviluppo è un altro grande tema del pensiero socio-economico cattolico e parte dal presupposto che non tutte le risorse sono producibili e riproducibili. Questo riporta al primo paradigma: lo sviluppo per essere davvero tale implica formazione delle persone e consapevolezza. L’eccesso di consumismo, lo spreco fanno perdere di vista l’importanza di misurare l’uso delle risorse ed avere contezza che la solidarietà intergenerazionale è non meno importante di quella intragenerazionale. Lo sviluppo solidale significa questo: due forme di solidarietà (inter e intra generazionale) e consapevolezza che consumare beni non riproducibili senza porsi il problema che finiranno è irresponsabile.

 

Quest’anno ricorre il quarantesimo della Populorum progressio e della sua celebre affermazione che lo sviluppo è il nuovo nome della pace. La ricchezza a quale condizione può diventare fattore di sviluppo e di libertà personale?

 

La riflessione economico-sociale cattolica ha ormai più di un secolo ed ha di volta in volta affrontato tutti i grandi temi dell’epoca in cui l’umanità si collocava. Affinché lo sviluppo e la pace siano sinonimi è necessario: che la persona sia posta al centro con la sua libertà e responsabilità intorno alla quale si costruiscono le comunità democratiche con un lungo e lento processo educativo; che vi sia piena consapevolezza che il lavoro è necessario non solo per darsi il benessere ma anche per realizzare un compito ed una missione intelligente; che vi sia convinzione che il bene comune, come dice la stessa denominazione, non può essere solo individuale ma anche sociale. In altri termini bisogna sempre combinare tre grandi principi ideali e criteri operativi del Cattolicesimo sociale: sussidiarietà e solidarietà per lo sviluppo