La recente presentazione dei dati del rapporto Assinform sullo stato di salute del settore Informatica e Telecomunicazione in Italia è stata l’occasione per la ripresa della discussione sull’andamento di questo comparto industriale, così strategico per l’economia del paese per le sue caratteristiche innovative e così trascurato da (quasi) tutti i Governi della Repubblica, sia di destra sia di sinistra.
La crisi ha impattato in modo significativo su tutti i comparti del settore IT (hardware, software, servizi) che, complessivamente, ha visto un vero e proprio crollo: -9% (peggior dato dal 1991).
Tale forte contrazione della domanda ha avuto pesanti ripercussioni anche sulle dinamiche occupazionali. Ricordiamo che il settore IT è uno dei settori che impiega percentualmente il maggior numero di personale con elevati livelli di qualificazione (i laureati sono quasi il 30% contro una media inferiore al 20% negli altri settori). La perdita di posti di lavoro verificatesi nel 2008 e nel 2009 (la stima Assinform è di c.a. 20.000 posti persi) è particolarmente grave proprio perché incide sui “lavoratori della conoscenza” che sono una risorsa fondamentale per il “capitale umano” del nostro paese. La causa di questo crollo della domanda è la pesante riduzione del budget di spesa e di investimento in IT delle imprese (sia grandi che PMI) italiane che mina alla radice la spinta delle imprese verso l’innovazione ed il miglioramento della produttività.
Le tecnologie informatiche infatti, se ben utilizzate, costituiscono un motore fondamentale sia per l’innovazione dei prodotti e dei processi, sia per il miglioramento della produttività di tutte le operazioni aziendali. E questo vale per la maggior parte dei settori industriali e dei servizi. A titolo di esempio possiamo citare due settori molto differenti come l’automobilistico e la sanità dove le tecnologie informatiche ed elettroniche hanno dato (e daranno in futuro) un contributo fondamentale all’innovazione dei prodotti, dei servizi e dei processi.
Quello di cui ancora non ci rendiamo conto è che il settore IT è, a sua volta, costituisce un vero e proprio settore industriale che incide in modo significativo sul PIL e sulla occupazione del paese e come tale deve essere trattato. A tutt’oggi il settore dal punto di vista delle politiche industriali e degli indicatori statistici di fatto non ha una identità propria : la parte software viene spesso assimilata al settore dei servizi alle imprese e la parte hardware finisce nel comparto (quanto mai obsoleto) delle “macchine elettroniche ed elettromeccaniche”. Inoltre gli investimenti in software e servizi, in quanto investimenti in atttività immateriali, non sono supportati in nessun modo sia dal settore bancario sia dai meccanismi di incentivazione fiscale.
E’ sempre più urgente quindi che sia a livello nazionale sia a livello regionale venga elaborato un piano di sviluppo organico del settore IT che superi l’attuale frammentazione degli interventi e che ponga le basi per un rilancio significativo degli investimenti in IT da parte delle imprese, della Pubblica Amministrazione e dei cittadini. Il piano elaborato dal ministro Brunetta e-gov 2012 va nella giusta direzione ma è fortemente carente in quanto a risorse effettivamente allocate.
(Alberto Daprà)