Lo scenario di “ripresa lenta” è quello più difficile per le decisioni di politica economica e monetaria. Cerchiamo di capire.

In Italia, la conduzione economica del governo ha scelto di non prendere decisioni e di aspettare. Tralascio il commento su questo punto perché sarebbe troppo negativo e forse ingiusto vista la complessità del caso italiano. Ma di fatto l’Italia non produrrà alcuno stimolo di crescita interna e lascerà che la disoccupazione crescente ed i primi sintomi di deindustrializzazione nel suo territorio (manifatturieri specializzati in export) vengano curati dalla ripresa globale, esterna.



Proprio per questo dobbiamo rivolgere l’attenzione alle locomotive dell’economia mondiale le cui scelte determineranno i nostri destini. L’America è il motore della domanda globale. Il Pil statunitense è cresciuto del 3,5 per cento nel terzo trimestre. Ma pochi giorni fa è stato rilevato un calo dei consumi a settembre. Significa, semplificando, che la notevole crescita americana nel secondo e terzo trimestre è stata sostenuta da stimolazioni d’eccezione (auto, case, ecc.) che ora sono terminate. Senza tale impulso – che aumenta il deficit pubblico – la ripresa continuerà, ma più lentamente. Infatti Obama dovrà prendere una decisione da infarto. Se riaccende le stimolazioni in deficit peggiorerà i saldi di bilancio pubblico creando un rischio di catastrofe sistemica. Ma se non lo farà, il ritmo “naturale” della ripresa non sarà sufficiente per contenere l’aumento della disoccupazione e rilanciare i consumi interni. Obama cercherà un compromesso, in qualche modo lo troverà, e questo comporterà un crescita decente, ma non tale da trainare con forza il resto del mondo, e noi, per almeno due o tre anni.



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Potrà la Cina integrare la forza mancante della locomotiva americana? Nel 2009 lo ha fatto, ma con incentivi a termine (una botta da quasi 600 miliardi di dollari) che non potrà replicare. Inoltre Pechino soffre il calo dell’export verso l’America (-20 per cento, circa) e tale settore portante della crescita cinese non recupererà tanto presto proprio per la lentezza della ripresa negli Usa. Ma la Cina cresce, soprattutto, grazie agli investimenti dall’estero e questi non paiono ridursi. Anche Pechino ha un dilemma: se forza troppo la crescita crea una bolla che poi imploderà scassando il sistema, ma se toglie gli incentivi rischia una grave depressione.



L’eurozona non è locomotiva mondiale perché i suoi Stati principali adottano un modello economico dove la crescita è affidata all’export e non all’economia interna. I suoi governanti hanno il seguente dilemma: se spingono la ripresa interna con detassazione scassano i bilanci pubblici, ma se non lo fanno si ritrovano con una disoccupazione crescente e destabilizzante. La Germania ha trovato un compromesso, l’Italia non ancora. Tutti sono costretti a compromessi tra stimoli alla crescita interna e stabilità dove la scelta di una genera un rischio sull’altra.

Questo è il problema per i decisori politici nello scenario di ripresa lenta. Persino più difficile per le Banche centrali. In teoria dovrebbero già alzare i tassi di dollaro ed euro perché c’è rischio di inflazione visibile a due anni, ma se lo fanno il mondo ricadrà nella recessione. Chi scrive pensa che alla fine verranno trovati i giusti compromessi ed è ottimista. Ma deve avvertire che l’incertezza, nel mondo, durerà almeno un biennio per l’estrema difficoltà delle decisioni e conseguente rischio di errori e ricadute.

 

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