L’alta velocità ferroviaria permetterà dal prossimo mese di dicembre di percorrere il tragitto tra Milano e Roma in meno di tre ore. Il treno diretto tra Roma Tiburtina e Milano Rogoredo permetterà di collegare le due città in circa 2 ore e 45 minuti grazie al completamento dell’ultimo ramo infrastrutturale tra Bologna e Firenze.
La notizia comincia a circolare e senza dubbio sembra essere una notizia positiva. Purtroppo ci sono almeno quattro problematiche che non sono affrontate quando si parla di questo evento.
In primo luogo i costi infrastrutturali di quest’opera. Il completamento della linea ad alta velocità, non solo ha visto tempi biblici (se ne iniziò a parlare negli anni ‘70), ma ha anche registrato costi eccessivamente elevati.
Uno studio presentato al Senato ormai tre anni fa, valutava il costo al chilometro di costruzione dell’infrastruttura superiore ai 30 milioni di euro. La stessa opera è costata circa un terzo in Spagna e in Francia. Certo in Francia possono circolare solo treni passeggeri e non merci, al contrario di quanto succederà in Italia, ma la differenza di costo è spiegata da motivazioni più importanti.
Le lentezze burocratiche, un terreno meno favorevole che negli altri paesi, aggiudicazioni di contratti poco trasparenti e molto costosi e altri fattori hanno provocato costi di costruzione esagerati. La problematica riguarda il passato e oramai non è possibile più fare nulla. A questa tuttavia si lega un secondo problema irrisolto: quello dei nodi ferroviari.
Il nodo è l’ingresso in città. In Italia si sono costruite le linee ad alta velocità al di fuori dei centri urbani, ma i nodi non hanno ancora visto il completamento. I treni arriveranno veloci fino alla periferia delle città, ma qui si troveranno come “imbottigliati”.
Il problema è parzialmente risolto con una soluzione non ottimale. Infatti si è deciso di spostare i treni regionali in altre stazioni, in modo da alleggerire il traffico nei principali punti di origine e destinazioni. Questo ritardo nella costruzione dei nodi ha provocato e provocherà dei problemi sempre maggiori per i pendolari, che vedranno treni meno puntuali.
Il completamento di questa infrastruttura essenziale non vedrà la luce prima del 2014 ed è un errore molto grave di progettazione. Certo il treno veloce ha un impatto mediatico molto superiore rispetto ai treni regionali. Tuttavia i treni regionali hanno un’importanza molto maggiore rispetto a quelli ad alta velocità perché riguardano un numero di passeggeri almeno dieci volte superiore.
L’aggravamento della congestione nei nodi ferroviari avverrà anche grazie ad una manovra anti-concorrenziale di Trenitalia. L’operatore monopolista ha infatti deciso di aumentare l’offerta del “FrecciaRossa” con una previsione di abbassamento del load factor. Viaggeranno più treni, ma sempre più vuoti.
Questa decisione di aumentare l’offerta serve ad occupare le tracce migliori, in modo da bloccare o penalizzare l’entrata di competitor. È una tipica barriera all’entrata finalizzata a creare problemi al nuovo operatore privato, Nuovo Trasporto Viaggiatori, che entrerà sul mercato nel 2011.
Questa manovra creerebbe meno problemi se fosse fatta da un’azienda privata che legittimamente si è creata la propria quota di mercato con una gestione efficiente. Questo non sembra essere il caso di Trenitalia e della holding che detiene il 100% dell’azienda, Ferrovie dello Stato. L’azienda che è controllata interamente dal Ministero dell’Economia non è certo un esempio di efficienza.
Dal 2000 al 2008 ha ricevuto oltre 40 miliardi di euro tra contributi e sussidi dallo Stato. Nel corso dell’ultimo triennio si è registrato un ulteriore aumento di contributi e sussidi per quasi 900 milioni di euro l’anno e vi è il serio rischio che esistano dei sussidi incrociati nella società.
Come è infatti possibile che Trenitalia Cargo non sia ancora fallita dopo che negli ultimi anni ha perso centinaia di milioni di euro l’anno a causa di una gestione meno efficiente di quella degli operatori privati? Come è possibile che a fronte di un’offerta stabile nell’ultimo triennio da parte di Trenitalia sia nel trasporto a media e lunga percorrenza che in quello regionale, i sussidi siano aumentati del 70% e del 27% rispettivamente?
Questi problemi hanno delle soluzioni almeno parziali. In primo luogo è necessario effettuare la divisione reale tra il gestore della rete, RFI, e l’operatore ferroviario dominante, Trenitalia. In questo modo si favorirà la concorrenza.
Se si vuole finanziare il servizio universale, devono essere fatte delle gare trasparenti, dove non vinca sempre l’operatore storico e dominante e non si devono fare leggi dove i contributi sono dati solo a Trenitalia. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato dovrebbe aprire un’indagine sul comportamento anti-concorrenziale di aumento dell’offerta da parte di Trenitalia.
La privatizzazione di Trenitalia potrebbe aumentare l’efficienza dell’azienda, in modo che diminuisca il costo per i contribuenti, che ogni anno pagano 200 euro di tassazione generale per contribuire al funzionamento di FS.