L’impostazione dell’asse principale della rete ad Alta Velocità in Italia è partita nei primi anni ‘90, in gran fretta e in modo approssimativo, con l’idea di emulare i francesi e gli spagnoli che avevano già iniziato a ottenere i primi successi sulle tratte Parigi-Lione (1984) e Madrid-Siviglia (1992). Inoltre, il modello organizzativo dei general contractor era dettato più dall’urgenza di evitare le gare europee che da una logica economica.
Nel mese di dicembre quattro tessere rilevanti si aggiungono al complesso mosaico del progetto di creazione della nuova dorsale ferroviaria, che nel frattempo è stata rinominata Alta Velocità/Alta Capacità. Questo cambio di nome sottolinea le modifiche progettuali adottate per consentire, da un lato, l’utilizzo del servizio da parte del traffico merci e, dall’altro, un maggior numero di raccordi con la rete storica, i quali però hanno comportato un notevole innalzamento dei costi chilometrici, tanto da superare di 3-4 volte quello di Francia e Spagna e benefici ancora tutti da dimostrare.
Le prime tre tessere sono di tipo infrastrutturale e sono costituite dalla tratta Novara-Milano, da quella, assai complessa, Bologna-Firenze e dai tratti urbani della Roma-Napoli. La quarta, invece, è relativa al molto ambizioso bando di gara per il nuovo materiale rotabile, dal controvalore di oltre un miliardo di euro per circa cinquanta treni, che andranno in consegna per fasi dopo il 2012.
Una gara molto attesa, annunciata da anni e che ha come obiettivo quello di dotare Trenitalia delle migliori tecnologie, con standard tecnici particolarmente innovativi, tanto da richiedere sforzi importanti di ammodernamento ai tre consorzi internazionali che potrebbero rispondere, cioè quelli guidati da Bombardier, Siemens o Alstom. Quest’ultimo è già fornitore di NTV, l’unica società privata in Europa nel settore ferroviario AV, che entrerà in competizione con Trenitalia dal giugno 2011.
Questi importanti passi avanti sono in grado di ridurre i tempi di percorrenza fra i tre bacini di mercato dove si collocano le maggiori potenzialità di sviluppo dei traffici e dove si gioca il vero successo dell’Alta Velocità, cioè quelli fra Milano e Torino, Bologna-Firenze e Roma-Napoli.
Il successo deve essere misurato non solo in termini di incremento dei traffici, ma anche di modifica qualitativa del mercato del lavoro, attraverso un più facile incontro fra domanda e offerta nelle professioni di alto livello, di innalzamento della qualità della vita nelle città, grazie a un miglioramento del rapporto fra stazioni e città e considerando i potenziali benefici derivanti dall’ampliamento del bacino di riferimento per eventi di alto livello, fattore in grado di modificare la percezione della città quale contenitore di esperimenti culturali.
Con queste premesse in merito al concetto di successo economico, da sommare ai benefici legati ai risparmi di tempo per i passeggeri, derivanti dall’entrata in regime dei circa dieci miliardi di euro di investimenti che sono stati necessari per portare a termine le tre tessere infrastrutturali inaugurate nel mese di dicembre, è lecito presumere che i risultati saranno limitati ancora per qualche anno.
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Infatti, sulla direttrice fra Milano e Torino, ad esempio, numerosi sono gli elementi che si frappongono al raggiungimento di tale successo, riconducibili soprattutto a fattori legati alle indecisioni in merito alle stazioni su cui operare, a loro volta frutto sia di un difficile confronto con gli Enti Locali sia dei ritardi nei cantieri delle nuove stazioni.
Esemplificative in questo senso sono le diatribe occorse a Torino fra la stazione di Porta Nuova e quella di Porta Susa, a Rho fra la stazione del centro e quella della Nuova Fiera, a Milano fra la stazione Garibaldi e Centrale. A queste incertezze pianificatorie nel rapporto fra Alta velocità e città si sommano poi le difficoltà di integrazione fra servizi gestiti e coordinati da Enti differenti, con il risultato di non ottimizzare le interconnessioni dei servizi AV con i servizi ferroviari di tipo regionale o con l’unico aeroporto intercontinentale del nord Italia, quello di Malpensa.
In sintesi su una tratta di circa 160 km, dove sono presenti cinque possibili stazioni, non è ancora chiara la logica economica e trasportistica della ripartizione dei servizi fra queste, tenendo conto che l’unica nuova stazione progettata, quella di Porta Susa (poche centinaia di metri più a sud dell’esistente), è in ritardo di circa tre anni e verrà inaugurata solo dopo il 2012.
Esempi simili sono riscontrabili sulle altre due direttrici. Infatti a Firenze le incertezze progettuali e le infinite discussioni, tipiche di interventi così importanti per il futuro della città, hanno comportato forti rallentamenti al cantiere della nuova stazione, tanto che non è stato possibile porre la prima pietra di Firenze Belfiore. Alla nuova stazione di Napoli Afragola è accaduto qualcosa di simile, anche se l’aspetto più critico in questo caso è stato la gestione dell’appalto dell’opera.
A Bologna, principale nodo ferroviario italiano dove oltre alla nuova linea AV verso Milano e Bologna convergono anche le linee ammodernate verso Verona e Venezia, le ambizioni sono di alto livello e il pacchetto di investimenti connessi con l’AV è in fase avanzata di cantiere. Gli interventi in grado di portare al prevedibile successo economico dell’iniziativa in questo specifico contesto sono composti da numerose tessere: una nuova moderna stazione multimodale, interventi di riordino urbanistico su quasi un milione di metri quadri di aree ferroviarie dismesse e una forte integrazione con l’avveniristico (per l’Italia) people mover per un rapido collegamento con l’aeroporto.
In sintesi, questi quattro passi in avanti nel lungo percorso di ammodernamento del sistema ferroviario del Paese devono essere valutati positivamente, tenendo conto però che il vero successo di portare a termine questo piano di investimenti, del valore sino a ora di 32 miliardi di euro per la dorsale Torino-Salerno, deve essere valutato non solo in termini di riduzione dei tempi di trasporto, ma anche tenendo conto dei risultati derivanti dalle integrazioni economiche con il territorio e fra territori.