L’intervista rilasciata sul Corriere Economia di lunedì 9 febbraio da parte di Rocco Sabelli, amministratore delegato di Alitalia, non risolve i dubbi esistenti sulla nuova compagnia aerea.
I dati relativi al vettore sono estremamente preoccupanti, in quanto il load factor, cioè la capacità di riempimento di ogni aereo, è stato pari al 43% nel primo mese di attività, ben al di sotto dei livelli raggiunti lo scorso anno dall’insieme Alitalia e AirOne; contrariamente a quanto affermato dallo stesso Sabelli, il load factor nel gennaio del 2008 non era al 50%, bensì al 62,59%, come riporta giustamente il prof. Ugo Arrigo.
Gli stessi dati sono stati riportati davanti alle Commissioni di Camera e Senato riunite il 4 febbraio scorso, le quali hanno ricevuto altre informazioni sbagliate da Colaninno e Sabelli.
È stato detto che il load factor delle compagnie low cost in Italia e in Europa è sceso anche con tassi a doppia cifra; invece Ryanair, compagnia che ha trasportato lo scorso anno più di tre volte i passeggeri di Alitalia in Europa, ha mantenuto stabile il proprio load factor al 69% e per fare ciò ha dovuto abbassare lo RASK, cioè i ricavi per ogni passeggero chilometro trasportato. Easyjet ha sì diminuito la propria capacità di carico al 72%, cioè 30 punti percentuali in più rispetto alla nuova Alitalia, ma nel corso degli ultimi 12 mesi, in realtà ha aumentato il proprio load factor a quasi l’85% (il doppio di quello del vettore guidato da Rocco Sabelli).
Questi dati evidenziano la partenza estremamente debole della nuova compagnia e nonostante l’ottimismo, che si potrebbe definire incauto, la situazione risulta già essere molto complicata.
Rocco Sabelli inoltre afferma che il livello di break-even point della nuova compagnia si situa a un livello di load factor pari al 64%, cioè otto percentuali in meno rispetto a quanto affermato dallo stesso Piano Fenice. C’è qualcosa di strano in questa informazione, perché questa differenza è davvero notevole e neanche la variazione del prezzo del petrolio riesce a spiegarla.
Certo è che il livello del load factor attuale, vale a dire 20 punti inferiore a quello dello scorso anno presuppone minori ricavi per la nuova Alitalia per quasi un miliardo di euro su circa 4,34 di fatturato previsto dal piano presentato da Intesa la scorsa estate; se anche il livello di riempimento degli aerei dovesse aumentare, la nuova compagnia rischia perdite ben superiori ai 300 milioni di euro, che si potrebbero invece avvicinare ai 600 milioni di euro.
Inoltre il mercato aereo questo anno molto probabilmente conoscerà una contrazione e la nuova Alitalia, nonostante la protezione dalla concorrenza introdotta dalla legge 166 del 2008 si troverà a dover affrontare sulle rotte internazionali una concorrenza agguerrita (Ryanair taglierà del 20% lo yield per continuare a crescere) e sul mercato domestico la continua crescita delle compagnie a basso costo.
Nonostante alle low cost non siano permesse la Linate-Fiumicino e altre rotte, utilizzando scali meno vicini al centro città (Bergamo e Malpensa), queste compagnie riescono ad attrarre nuova clientela grazie a una politica tariffaria molto aggressiva.
Nelle dichiarazioni di Sabelli c’è un ulteriore punto critico: la riduzione delle tariffe «da 12 a 3-4». Questa mossa sembra andare contro le politiche attuate dalle più profittevoli compagnie aeree e il vettore potrebbe diminuire la propria capacità di catturare la disponibilità a pagare dei diversi consumatori e di conseguenza ridurre ulteriormente i propri ricavi.
L’amministratore delegato della nuova compagnia aerea italiana si è poi difeso dall’accusa di effettuare tariffe troppo elevate sulla Milano-Roma: in effetti non è possibile prendere a paragone una tariffa massima di 326 euro, ma non sembra neanche realistica la cifra di 130 euro medio di ricavo per passeggero come affermato nell’intervista. Da un’analisi effettuata a metà dello scorso dicembre per gennaio, il prezzo medio del biglietto solo andata di Alitalia, sulla tratta Linate-Fiumicino era pari a 235 euro; per la stessa somma un viaggiatore inglese viaggiava tre volte tra Londra e Glasgow con British Airways (la rotta ha circa la stessa lunghezza e quasi lo stesso mercato passeggeri).
Non a caso il mercato britannico è quello tra quelli più liberalizzato in Europa e non a caso non è mai stato preso come confronto dalla compagnia italiana che ha sempre reso ad esempio il mercato francese. Proprio il mercato dominato da Air France è quello che meno si è sviluppato dal momento della liberalizzazione europea a causa della posizione di dominanza del primo vettore europeo.
Quali conclusioni si possono trarre dal discorso effettuato da Rocco Sabelli davanti alle Commissioni Parlamentari di Camera e Senato e successivamente al Corriere della Sera?
Alitalia rischia già a fine anno di trovarsi a corto di liquidità con perdite superiori a 600 milioni di euro e senza una ricapitalizzazione l’anno prossimo non potrà affrontare un mercato alquanto difficile.
La ricapitalizzazione molto difficilmente sarà effettuata da imprenditori italiani che hanno raccolto circa 850 milioni di euro con notevoli difficoltà.
I capitali arriveranno dal socio di maggioranza relativa, i francesi di Air France, che molto probabilmente, già l’anno prossimo saliranno nell’azionariato della compagnia di bandiera.
Un ultimo appunto su Malpensa; chi dice che non è in grado di trovare sul mercato nuovi clienti?
Verso il Nord-America, unico mercato intercontinentale liberalizzato, la scorsa estate, nonostante il ridimensionamento di Alitalia avvenuto a marzo, le compagnie concorrenti hanno incrementato del 75% l’offerta di posti dallo scalo varesino, contro una caduta dell’offerta dell’84% dello stesso vettore italiano.
Gli accordi bilaterali da ridiscutere sono una quarantina e se una liberalizzazione venisse attuata velocemente, le nuove rotte offerte dallo scalo gestito dalla Sea potrebbero essere ben superiori alle 11 “offerte” da Alitalia in cambio del sacrificio di Linate.
Il problema riguarda sia la mono-designazione che la mono-destinazione; attualmente molte destinazioni possono essere effettuate solo da Alitalia (mono-designazione), che dalle dichiarazioni di Sabelli non sembra essere intenzionato a farle da Malpensa, e la sola destinazione italiana autorizzata da tali accordi è Roma (mono-destinazione).
In alcuni casi, se anche delle compagnie aeree straniere volessero effettuare dei voli aggiuntivi, non solo non potrebbero atterrare a Milano, ma a causa dell’esaurimento degli slot, non hanno nemmeno la possibilità di volare verso l’Italia.
Bisogna agire velocemente per liberalizzare le rotte intercontinentali per ridare slancio al trasporto aereo e in generale a tutta l’economia.
Alitalia nel 2008 ha trasportato poco più di un passeggero su 50 in Europa; l’interesse dunque deve essere focalizzato sul mercato del trasporto aereo e non su una singola compagnia che nonostante l’infinita privatizzazione resterà un piccolo vettore regionale.
Malpensa non ha bisogno di Alitalia, ma ha bisogno di un’azione politica lungimirante di liberalizzazione.