La piccola impresa italiana è la Cenerentola del nostro sistema produttivo. Come la famosa protagonista della fiaba è stata trattata come una serva inutile dalle sorelle per molto tempo, salvo scoprire, dopo una bolla speculativa dell’e-commerce, un declino di molta parte della grande industria e una crisi finanziaria globale, che in realtà è di gran lunga la ragazza più bella della famiglia.



Tuttavia, anche quando si pensa a come ripartire, la si dimentica ancora: incentivi e finanziamenti sono pensati solo per le sorelle più protette, alcune grandi imprese, il sistema bancario…

Interventi sacrosanti e doverosi, perchè si dice, anche la piccola impresa, indotto di quella grande ne godrà i benefici.



Si dimentica però che il nostro sistema produttivo è molto più articolato di quel che sembri e che c’è una piccola impresa altamente competitiva, che non è semplice indotto della grande (si pensi ad esempio al Nordest). Così, non solo non si pensa agli aiuti per aiutare Cenerentola, ma non si chiede neppure agli imprenditori che la animano cosa vogliano, di cosa abbiano bisogno.

Almeno questa ultima lacuna ha tentato di riempire il recente Rapporto “Sussidiarietà e… piccole e medie imprese” un indagine su 1600 aziende distribuite su tutto il territorio nazionale condotta dalla Fondazione per la Sussidiarietà sotto la guida del prof. Carlo Lauro dell’Università Federico II di Napoli. Le risposte sono sorprendenti: i piccoli e medi imprenditori manifatturieri italiani dichiarano di non voler privilegi, nè aiuti clientelari a pioggia, ma piuttosto che sia loro concessa di nuovo quella libertà di azione, compromessa dai mille lacci e lacciuoli che ostacolano il loro lavoro.



Infatti il 54% degli intervistati vuole più semplificazione amministrativa e fiscale per favorire lo sviluppo; il 53% delle imprese vuole più decentramento; per l’85% il sistema economico non è sufficientemente liberalizzato e le imprese auspicano una maggiore eguaglianza nell’accesso al mercato.

Se questo avvenisse, dicono ancora gli imprenditori, la piccola impresa potrebbe sfruttare a pieno la sua migliore caratteristica: l’alleanza tra imprenditore e lavoratori considerati non come risorse umane o come entità da sfruttare in una lotta di classe ante-litteram, ma come uomini a tutto tondo, capaci se valorizzati di migliorare il profitto dell’impre­sa. Perciò, la gran parte degli intervistati è aperta al confronto con i dipendenti/collaboratori nella conduzione dell’impresa, è d’accordo o molto d’accordo a valorizzare le competenze del perso­nale, ritiene importante la cre­azione di un ambiente di lavoro confortevole anche se questo crea costi aggiuntivi per l’impresa.

E pur essendo le dimensioni spesso non elevate non ci si vuole isolare, impauriti dagli altri: la maggioranza delle PMI vuole collaborare maggiormente con fornitori, clienti competitor, associazioni di categoria perché o si risale insieme o si muore condannati dalla propria solitudine.

Mentre si moltiplicano gli appelli alla responsabilità, alla fiducia, alla collaborazione contro la crisi si dovrebbe guardare molto di più a come Cenerentola già le vive… senza aspettare che arrivi un improbabile principe azzurro a svelarla.

(Pubblicato su Il Riformista 12 Febbraio 2009)