Fiat di fronte alla crisi del settore auto è come un bimbo alle prese con un orso feroce. È piccola, come azienda e come dimensioni delle auto prodotte, e quindi può sfuggire più facilmente, è veloce, come un ragazzino perché ha una struttura che punta su un numero ristretto di persone e ha una mamma, lo Stato, sempre disposta ad aiutarlo. Questo non vuol dire che l’attacco dell’orso non sia pericoloso e il crollo del mercato auto sia una passeggiata di salute. Anzi. Ma finora non si può dire che l’azienda italiana si sia mossa male.
L’accordo, che ancora deve concretizzarsi con l’americana Chrysler è un capolavoro: non costa niente e può essere utile a entrambi. Il Lingotto ci mette progetti, piattaforme e idee che ha già sfruttato per realizzare le proprie auto, mentre gli americani, oltre al 35% di un’azienda che, ora come ora, non vale molto ma che potrebbe rappresentare, in futuro, una porta aperta per il mercato americano e una buona base per realizzare Suv e veicoli più grandi che Fiat non ha i soldi per mettere in cantiere da zero.
Ho scritto «in futuro» perché non stiamo parlando né di quest’anno, né dell’anno prossimo e questo per due motivi: il primo è che per entrare nel mercato americano in maniera significativa bisogna sottostare a delle regole di realizzazione delle vetture che Fiat non ha seguito e che potrebbero rilevarsi costose e lunghe da implementare; il secondo è che anche per pensare nuovi modelli grandi bisogna aspettare un bel po’ di tempo. Almeno fino a quando non sarà terminata la crisi del settore, Chrysler non si sarà salvata grazie all’intervento del governo Usa e a Torino avranno la liquidità necessaria per cominciare a pensare a investire sul prodotto.
Intanto sono arrivati un po’ dappertutto gli incentivi alla rottamazione dei vecchi veicoli inquinanti e Fiat ne sta beneficiando più di altri in Italia e in Europa. E ne beneficerebbe ancora di più se avesse messo in campo più risorse negli anni scorsi per mettere su strada nuovi modelli.
Nel frattempo, il Brasile, il mercato che ha sostenuto i conti del Lingotto in questi ultimi anni, continua a reggere. La moneta locale ha perso il 20% sull’euro e questo peserà sul bilancio di Fiat, ma non è crollata come non è crollato il mercato che dopo una frenata durata pochissimo, nei mesi scorsi ha ripreso a camminare con relativa tranquillità, sostenuto dall’intervento creditizio voluto dal presidente Lula.
Di conseguenza anche Fiat può respirare, incassare con gli ecoincentivi in Italia, continuare a fare affari in Sudamerica e guardarsi intorno. I mercati europei spinti dalle rottamazioni o dai bonus-malus locali la stanno premiando anche se si parla di numeri piccoli e, visto le tecnologie di cui dispone come il Multiair, un sistema che permette regolando l’aria nei cilindri di ridurre i consumi del 25% e di aumentare le prestazioni del 10%, la fanno diventare anche un’appetibile novella sposa.
Si parla di Bmw e di Psa, il gruppo che unisce Peugeot e Citroen. Con la prima ci sono già da tempo colloqui per uno scambio di motori e ci potrebbero essere delle sinergie importanti sul piano dei modelli, dei segmenti di mercato, della ricerca. La seconda, invece, sarebbe, una ricerca di volumi significativi per ridurre spese e costi, con conseguenze importanti sul piano occupazionale. Entrambe sono al di là da venire. Ipotesi di banca d’affari. Idee di manager e azionisti che sono lontane dal concretizzarsi. Almeno per ora.