«Se mi chiede se sono ottimista, le risponderò, da imprenditore, che lo sono. Ma senza fare del catastrofismo, posso dire senz’altro che la situazione è più grave di quel che non si pensi». Non usa mezzi termini Paolo Galassi, presidente di Confapi, confederazione italiana della piccola e media industria privata. Le piccole imprese soffrono, eccome. «In pochi mesi – continua Galassi – le imprese più piccole rischiano di bruciare le riserve. E le banche che hanno liquidità continuano ad impiegarla ai prezzi più alti. Ma soprattutto, non entrano nel merito dello stato di salute dell’impresa, perché c’è azienda indebitata e azienda indebitata. Ci sono sì aziende decotte piene di debiti, ma anche aziende che hanno investito in innovazione e sviluppo». La Cgil? «Ha ragione solo su un punto: che abbiamo dato i soldi all’auto, senza però essere sicuri che questi soldi vadano a scongiurare la nostra disoccupazione. La prima tutela che dobbiamo esercitare è sul nostro lavoratore».
Presidente, le piccole e medie imprese sono alle prese con un calo degli ordini e con una restrizione dell’accesso al credito. Dal suo punto di osservazione privilegiato, qual è la sua opinione?
La situazione delle nostre piccole e medie imprese è nota, e non solo da oggi. Confapi è almeno dal 16 settembre (il giorno dopo il fallimento di Lehman Brothers, ndr) che denuncia questa situazione difficile per le pmi italiane. Anche i dati in nostro possesso evidenziano questo stato di malessere: un’azienda su due è alle prese con cali di fatturato, produzione e ordini. L’indagine che svolgiamo ogni 6 mesi in collaborazione con Unicredit, rivela inoltre che sono le imprese da 21 a 49 dipendenti quelle che stanno peggio. A livello settoriale, dai dati in nostro possesso, il peggioramento del ciclo economico ha colpito soprattutto l’industria, mentre una parte dei servizi mostra una maggiore capacità di tenuta. L’unico settore in espansione è l’agroalimentare, a conferma del suo ruolo anticiclico.
Avete già le prove di rilevanti ricadute occupazionali?
Il dato sulla cassa integrazione dichiarato dall’Inps per il mese di febbraio è chiaro. Quello che pare essere meno chiaro, invece, è come evitare la fuoriuscita dal mercato del lavoro di molte persone. Alcune nostre imprese stanno sperimentando i contratti di solidarietà, anche con formule nuove, per così dire.
La stabilità sociale è legata alla tenuta delle pmi, che occupano circa l’80% della popolazione. Fino a che punto l’ “effetto-sistema” potrà compensare o “redistribuire” gli effetti negativi della crisi, ammesso che questo sia possibile?
Fino a oggi la piccola e media impresa ha assorbito senza particolari problemi gli esuberi della grande industria, in quanto per sua natura ha potuto rapidamente ri-orientare il business anche in momenti congiunturali difficili, cercando ordini e commesse su nuovi mercati. Il problema è che oggi la domanda è ferma a livello mondiale, quindi anche per la pmi diventa arduo riposizionarsi sui mercati e quindi mantenere la produttività. Per questo chiediamo al governo interventi solleciti.
Il premier Berlusconi e la presidente Marcegaglia hanno raggiunto l’accordo per un fondo di garanzia di 1,3 mld. Quali altre proposte anticrisi di fattibilità immediata si sentirebbe di avanzare subito al governo, dal punto di vista industriale e fiscale?
Ne proponiamo due, a esempio. l’esonero dell’acconto fiscale di giugno: pochi faranno utili quest’anno e i saldi, alla fine, andranno tutti a credito. Per le aziende in crisi si tratterebbe di finanziare lo Stato: un paradosso. E gli anticipi d’Iva, che chiediamo di versare per cassa fino a 50 milioni di ricavi, e non più in acconto. Queste due proposte dovrebbero, però, essere riservate a chi si impegna a mantenere la manodopera, con vantaggi ancora più consistenti per chi non ricorre nemmeno alla cassa integrazione. Quindi non sussidi o aiuti a pioggia, ma merito e selettività.
Che cosa si attende dal tavolo di oggi sulle piccole e medie imprese convocato dal ministro Scajola?
Mi attendo che il Ministro e il Governo ascoltino di più chi rappresenta la pmi manifatturiera, che rappresenta l’anello centrale del nostro sistema produttivo e che dopo avere ascoltato metta in campo le energie e le risorse per ridare fiato a un modello di sviluppo che ci consentito di diventare una delle economie più sviluppate del mondo.