L’Italia ha speso per l’Europa molto di più di quanto ha incassato e rischia di perdere quasi 10 miliardi per l’incapacità di spenderli. A fare i calcoli è stato l’Eurispes, secondo cui nel periodo 1995-2006 l’Italia ha accumulato un saldo negativo di 30,3 miliardi di euro, con circa 135 miliardi di contributi al bilancio Ue e 105 miliardi riavuti in finanziamenti.



Una tendenza, secondo lo studio, proseguita anche nel 2007, quando i contributi italiani versati alla Ue sono ammontati a 13,8 miliardi di euro (al terzo posto per incidenza sul totale delle entrate dopo Germania e Francia), mentre le risorse accreditate all’Italia dall’Unione sono state inferiori a 3,5 miliardi. A fronte di un incremento dei contributi di oltre 10,6 miliardi di euro tra il biennio 1995-1996 e il 2005-2006 (+61%), inoltre, gli accrediti all’Italia sono aumentati solamente di 6,7 miliardi (+51%), con il conseguente peggioramento del saldo negativo, quasi raddoppiato in 12 anni: da -4,2 miliardi a -8,2 miliardi.



Il problema dell’Italia, però, è anche che spesso i soldi non riesce a spenderli. Infatti dei finanziamenti ricevuti nel biennio 2006-2007, le regioni del Mezzogiorno rischiano, secondo i calcoli dell’Eurispes, di perdere circa 9,3 miliardi di euro «a causa dell’incapacità di attivare le procedure adeguate in un apparato estremamente burocratizzato come il nostro, della scarsa propensione a fare rete tra gli enti locali, della mancanza di una diffusa informazione presso i cittadini sull’esistenza dei fondi comunitari, dei mille cavilli tra i quali gli stessi fruitori dei finanziamenti devono districarsi».



Il rischio è quello del «disimpegno automatico», vale a dire la sottrazione dei finanziamenti non spesi, che per l’Italia è stata prorogata dal 31 dicembre 2008 al 30 giugno 2009: i tempi stringono, dunque, e le regioni dovrebbero accelerare, visto che per non perdere i fondi dovrebbero utilizzare mensilmente non meno di 1,5 miliardi di euro.