Il treno fa la concorrenza all’aereo. Questa è l’affermazione che ultimamente si sente dire spesso dalle autorità politiche nel nostro paese.
È indubbio che l’alta velocità tra Milano e Roma abbia notevolmente accorciato i tempi di percorrenza e questo “avvicinamento” orario tra le due città sarà ancora più visibile il prossimo dicembre, quando anche la Firenze-Bologna sarà completata. Con la costruzione di tale opera, il treno diventerà realmente e pienamente concorrenziale all’aereo almeno tra il capoluogo lombardo e la Capitale.
Non bisogna tuttavia dimenticare che tale concorrenza ha un prezzo molto elevato e che il mercato Milano-Roma non è il mercato italiano; infatti i passeggeri su tale tratta sono circa 6,5-7 milioni l’anno contro un mercato potenziale dell’alta velocità stimato all’incirca in 50 milioni di passeggeri. Senza dimenticare inoltre le centinaia di migliaia di pendolari che ogni mattina e ogni sera affollano i treni regionali. Il trasporto ferroviario non può essere “circoscritto” alla sola alta velocità.
Il prezzo elevato del trasporto ferroviario è dovuto ai costi di costruzione dell’infrastruttura che in Italia sono tre volte quelli spagnoli o francesi. Questa differenza non è spiegabile solo dalle differenze orografiche tipiche del nostro territorio, ma anche dai difetti che caratterizzano tutta la nostra economia. Nel nostro paese, quando si comincia a costruire un’opera ci vogliono permessi di ogni tipo, che allungano la fase di progettazione. Anche quando la fase di progettazione è conclusa, non è detto che si arrivi in tempo nella costruzione perché ci sono infiniti “stop and go” dell’opera che oltre a non permettere una costruzione “nei tempi”, causa degli enormi costi dovuti ai ritardi e alle modifiche dei progetti. La modifica della modifica della modifica costa tempo e denaro.
Tornando al capitolo concorrenza, è un bene che tra Milano e Roma ce ne sia una effettiva; questa si vede anche dalle quote di mercato degli ultimi mesi per i diversi tipi di trasporto. L’alta velocità, che fino allo scorso anno superava di poco il 30%, ha quasi raggiunto il 50% del mercato sulla principale tratta italiana. L’aereo invece da circa il 50% dei passeggeri trasportati è sceso al 39% nei primi mesi del nuovo anno, anche in concomitanza dell’accentuazione della crisi di Alitalia.
È logico pensare, come dimostrano tutti i casi europei, che se anche la nuova Alitalia dovesse ritrovare verve, i passeggeri viaggeranno sempre più spesso con il treno e sempre meno con l’aereo.
La “Freccia Verde”, il nuovo prodotto che Alitalia intende lanciare e che ha lo scopo di ridurre i tempi di permanenza in aeroporto soprattutto per la clientela business, difficilmente riuscirà a invertire questa tendenza che vede vincente il trasporto ferroviario per le tratte di circa 3 ore.
Bisogna ricordare tuttavia che i costi del trasporto ferroviario, inclusi quelli di costruzione dell’opera, non sono competitivi rispetto al trasporto aereo secondo uno studio della stessa Direzione Generale dei trasporti e dell’energia della Commissione Europea, ma dato che l’infrastruttura ferroviaria è stata completata è giusto utilizzarla. Si potrebbe pensare a un incremento dei costi di utilizzo dell’infrastruttura, così come sta avvenendo in Francia.
Se Alitalia subisce la concorrenza di Trenitalia sul Milano-Roma, bisogna anche ricordare che su tante altre nazionali la compagnia aerea non ha la stessa concorrenza ed è uno dei motivi di preoccupazione per il viaggiatore italiano. La concorrenza ha fatto bene nel trasporto aereo e ha “smascherato” gli operatori meno efficienti; ma nel treno è possibile avere una seria concorrenza? Qual è la competizione nel settore ferroviario?
A queste due domande purtroppo è facile rispondere. Partendo dal problema, è evidente che la mancata reale separazione tra il gestore della rete, RFI e l’incumbent, Trenitalia, crea una situazione molto grave. Le due società sono possedute al 100% da Ferrovie dello Stato Holding, la quale è totalmente a gestione pubblica, poiché la partecipazione è del Ministero dell’Economia. Fintanto che le due società non avranno interessi divergenti sarà difficile per i concorrenti entrare nel mercato italiano passeggeri.
C’è inoltre un problema dei cosiddetti sussidi incrociati; dal 2000 al 2007 Ferrovie dello Stato ha ricevuto circa 7 miliardi di euro l’anno tra contributi, sussidi e aumenti di capitali pubblici. Non è dato bene sapere come questi soldi vengano ripartiti tra le diverse società all’interno del gruppo guidato da Mauro Moretti, amministratore delegato di FS.
Dai dati di bilancio 2007, incrociati con quelli del piano industriale di FS, si ricava che le perdite del gruppo nell’ultimo bilancio disponibile coincidono con quelle di Trenitalia Merci. Se così fosse, non si capisce perché nel 2008 siano stati aumentati i finanziamenti pubblici e soprattutto non è possibile comprendere come sia possibile parlare di risanamento aziendale nel momento in cui il miglioramento dei conti è tutto imputabile ad un aumento dei contributi statali.
Il premier Silvio Berlusconi ha lasciato intendere che è necessario l’intervento di capitali privati in Ferrovie dello Stato: ben vengano i privati, ma è giusto ricordare che i privati nel settore dell’alta velocità stanno già cercando di entrare, avendo investito oltre un miliardo di euro in nuovi treni.
Per la giusta competizione, tra privati, pubblici, semiprivati o semipubblici è necessario tuttavia che esista un arbitro che gestisca la rete infrastrutturale in maniera imparziale e che al contempo non sia anche un giocatore. Chi assegna le tracce, cioè gli spazi dove “corrono” i treni non può far parte di Ferrovie dello Stato la quale gestisce anche il principale operatore che possiede i treni… il campionato tra gli operatori ferroviari finisce male quando l’arbitro è di parte.
È dunque necessaria più trasparenza nell’azienda Ferrovie dello Stato e in generale sarebbe necessaria la separazione reale tra RFI e Trenitalia.