Non può lasciare indifferente il serrato susseguirsi di notizie, smentite, critiche e battute che in questi giorni hanno riguardato le iniziative normative sul cosiddetto Piano casa. Dibattito giustificato dal fatto che il governo ha più volte chiarito le ragioni che lo hanno spinto alla scelta dello strumento della decretazione d’urgenza: il rilancio dell’economia attraverso la ripresa dell’attività edilizia.



Ma accanto al dibattito politico vi è anche la legittima aspettativa che «si salvi il nucleo della proposta che tanti cittadini attendono», come ha ricordato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ieri a seguito della “bocciatura” della bozza di decreto legge presentata alla Conferenza Unificata Stato-Enti Locali convocata a Palazzo Chigi. 



Nonostante i punti controversi, infatti, tutti i presidenti regionali si sono resi disponibili al dialogo e alla stesura di un testo condiviso che salvaguardi, nel rispetto delle competenza costituzionalmente previste, la semplificazione amministrativa che caratterizza il provvedimento in oggetto.

Ma appare opportuno richiamare brevemente al lettore gli avvenimenti degli ultimi giorni. Dopo le incertezze sulla forma che il provvedimento di attuazione del Piano casa avrebbe dovuto assumere, il governo ha optato per lo strumento del decreto legge, il cui testo è stato oggetto di forti reazioni sotto il profilo della sua legittimità costituzionale. Da più parti si è infatti lamentata la violazione degli articoli 117 comma 3 della Costituzione, che attribuisce la materia «governo del territorio» alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, e 77 per l’assenza dei presupposti che giustificano la decretazione d’urgenza.



Soffermandosi in particolare sul primo aspetto, occorre ricordare che nella materia «governo del territorio» (che comprende sia l’urbanistica che l’edilizia, quest’ultima in quanto strumento attuativo della pianificazione urbanistica) il confine tra norma di principio, di competenza statale, e norma di dettaglio, di competenza regionale, nel recente panorama giurisprudenziale e dottrinale non appare così netto, anzi sembra essere stato rimesso in discussione proprio in materia di titoli edilizi, come previsti dal DPR 6 giugno 2001 n. 380 – TU delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – e dalle leggi regionali intervenute successivamente al testo unico e in attuazione dello stesso (cfr. TAR Lombardia Milano, Sez. II, n. 1322/2009, n. 77/2009, n. 153/2009; n. 5831/2007; TAR Lombardia Brescia n. 504/2008; in merito alla definizione di “interventi di ristrutturazione edilizia” di cui all’articolo 3 comma 1 lett. d) del TU citato, le quali hanno ritenuto prevalente la normativa statale, quale espressione di principi generali inderogabili, sulla norma di dettaglio regionale).

La complessità e delicatezza della materia impongono quindi da un canto di evitare qualsiasi “forzatura” normativa che possa determinare successivamente conflitti dinanzi alla Corte costituzionale, che di fatto potrebbero paralizzare l’attuazione degli stessi provvedimenti legislativi. D’altro canto è del tutto inopportuno l’atteggiamento di chi definisce a priori come incostituzionale qualsiasi intervento normativo del governo su di una problematica così delicata.

È auspicabile in conclusione una collaborazione tra Governo e Regioni affinché venga adottata una soluzione tecnica in tempi brevi, pena un vulnus importante al bene del Paese, atteso che è stata ormai unanimemente riconosciuta la positività di un provvedimento che da un lato introduca strumenti di flessibilità e accelerazione dei tempi di conclusione delle procedure edilizie e, dall’altro offra la possibilità della ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio immobiliare senza consumo di nuovo territorio.