Tutti d’accordo nel dire che il protocollo di cooperazione tra Italia e Francia è solo la premessa per un ritorno del nucleare nel nostro paese, perché tutto – o quasi – resta ancora da fare. Giuliano Zuccoli, presidente di A2A, multiutility leader nella produzione di energia e servizi ambientali, lo conferma: «il tema dei percorsi autorizzativi sarà uno dei più complicati vincoli da esaminare e affrontare».
«Lo stop al nucleare? Per il nostro Paese è stato devastante» conferma Zuccoli. Che invita a non sottovalutare l’importanza dei modelli economici e industriali con cui si realizzano e gestiscono gli impianti, perché «oggi, in Europa – dice Zuccoli a ilsussidiario.net – non sono molti gli operatori già in grado di operare con impianti nucleari, ma ci sono molteplici altri attori che possono e devono poter partecipare in questo scenario economico. Ecco perché sono favorevole ai consorzi».
Edf ed Enel, con i rispettivi governi, hanno firmato il protocollo di cooperazione sulla tecnologia nucleare. Qual è la sua valutazione?
Non posso che essere d’accordo, visto che sono stato tra i primi, nell’estate del 2007, ad auspicare un rapido ritorno alla tecnologia nucleare. Faccio il mio plauso al Governo per questo passo in avanti, poiché il danno fatto in 20 anni di stop al nucleare è stato devastante. L’obiettivo è quello di far raggiungere al nostro Paese gli standard internazionali di diversificazione elettrica, attenuando la sua dipendenza dai combustibili fossili. È importante però dar voce anche ad altre imprese elettriche, altrimenti si rischia il monopolio.
Qual è la sua valutazione dell’operato del governo in questa fase preliminare?
L’aspetto positivo riguarda l’affronto realistico e concreto del tema energia, senza trascurarne le principali conseguenze: la sicurezza negli approvvigionamenti, le tecnologie adeguate, la sostenibilità economica, il rispetto dell’ambiente, la competitività complessiva del Paese. In particolare è opportuna la prospettiva europea: si tratta di riequilibrare l’industria della produzione di elettricità secondo le dinamiche dei maggiori Stati del continente, con l’equilibrio tra le fonti utilizzate.
Cosa pensa dello stato della nostra tecnologia nucleare e dei suoi possibili sviluppi nel quadro del sistema elettrico nazionale?
Dopo i cospicui investimenti iniziali, negli anni ‘80 si era verificato un rallentamento in Europa e negli Stati Uniti. Oggi, con i primi impianti di terza generazione, disponiamo di impianti efficienti, con accresciuti livelli di sicurezza, con costi di investimento che sono competitivi con altre tipologie di centrali (combustibili fossili). Certamente, purtroppo, mi riferisco a quattro o cinque grandi società multinazionali, in cui l’Italia è presente solo parzialmente. Ma sono processi industriali densi di componenti e soluzioni ingegneristiche nelle quali la nostra industria nazionale può apportare competenze e valore.
Che ruolo possono giocare A2A ed Edison nella partita del ritorno all’energia nucleare?
Un aspetto che non può e non deve essere sottovalutato nella politica dell’energia è quello dei modelli economici e industriali con cui si realizzano e gestiscono gli impianti. Oggi, in Europa, non sono molti gli operatori già in grado di operare con impianti nucleari, ma ci sono molteplici altri attori che possono e devono poter partecipare in questo scenario economico. Da qui la mia posizione favorevole alla realizzazione di consorzi tra più produttori (consorzi orizzontali) o anche con i grandi utilizzatori di elettricità (consorzi verticali): abbiamo affidato alla Fondazione EnergyLab il compito, non semplice, di analizzare le principali componenti per un ritorno alla fonte elettronucleare in Italia e un approfondimento specifico sui modelli economici percorribili, rispettosi delle regole di mercato e della concorrenza. A2A intende esaminare con attenzione l’opportunità di partecipare a questa grande partita. Un mercato equilibrato richiede infatti una pluralità di attori e bilanciamento, che potrebbe derivare non solo dalla partecipazione dei grandi operatori energetici, ma anche dalle altre aziende di origine municipale (Acea, Iride, Enia, Hera, ecc.), unitamente alle società energivore.
In una recente intervista su questo giornale Chicco Testa ha detto che il problema più delicato rimane quello del permitting: procedure, siti e consenso pubblico. Lei che ne pensa?
Certamente il tema dei percorsi autorizzativi sarà uno dei più complicati vincoli da esaminare e affrontare. L’iter realizzativo per nuovi impianti è già complicato ed eccessivamente lungo, con valutazioni da parte di molti Enti preposti e procedure spesso contraddittorie. Per avviare i primi cantieri “nucleari” occorre costituire l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza: questo primo passo sarà molto importante. Abbiamo bisogno di un soggetto autorevole, snello, competente, articolato e non imbrigliato in burocrazie o lentezze. Il percorso di “licensing” nel nucleare è decisivo, non si può sbagliare l’approccio. Occorre poi una iniziativa adeguata per la divulgazione, la comunicazione alla cittadinanza, la disseminazione corretta dei principali concetti collegati all’energia nucleare. Da questo punto di vista, l’esperienza dei docenti della Fondazione EnergyLab è un contributo in questa direzione.
A2A già collabora nel campo della produzione di energia nucleare con la svizzera Atel: quale lezione e quali prospettive emergono?
È vero, le esperienze dei vicini di casa sono importanti: non sottovalutiamo la forza dell’esempio. A 350 km da Milano, nel centro della Svizzera ci sono impianti nucleari efficienti, sicuri, ben inseriti nel contesto. Atel, società con cui abbiamo solide relazioni, ha l’esperienza di due impianti e potrà essere un punto di riferimento importante e qualificante.