L’attuale congiuntura economica, ed in particolare la crisi che ha colpito il settore automotive, ha fortemente condizionato l’andamento economico-finanziario di numerose società del comparto, colpendo diverse imprese del Nord Est e in particolare quelle operanti nella filiera dei settori fonderia e meccanica.

La netta contrazione della domanda da parte delle grandi imprese automobilistiche che a settembre nulla facevano presagire, visti i forti quantitativi di ordini fino ad allora formulati, ha comportato una significativa riduzione dell’attività nel corso degli ultimi mesi del 2008 e nei primi mesi del 2009.



Per questo motivo diverse piccole e medie imprese, rilevata la sopravvenuta impossibilità di garantire la continuità aziendale con la struttura operativa esistente, a fronte di una produzione attestata a circa il 50% della capacità produttiva, sono state poste in liquidazione e hanno iniziato a ricercare soluzioni tempestive volte alla ristrutturazione dei debiti, anche al fine di evitare responsabilità patrimoniali e penali in capo agli esponenti aziendali.



Molte di queste aziende sono state sempre gestite secondo criteri di sana e prudente gestione e tale circostanza ha permesso di ipotizzare soluzioni alternative all’ipotesi di fallimento. In particolare, su alcune di esse si è perseguita la strada del concordato preventivo (Legge fallimentare, articoli 160 e segg.) finalizzata alla continuazione dell’attività una volta rimosse le cause che hanno condotto all’incapacità di far fronte con regolarità alle obbligazioni assunte.

Risulta di estremo interesse il piano di risanamento perseguito da una di queste imprese, che ha proposto di convertire la parte di credito sottoposta solitamente allo stralcio in strumenti finanziari appositamente nominati “azioni di sviluppo”. “Appositamente” perché, in una fase dell’economia mondiale che ha registrato una crisi senza precedenti, dovendo progettare una nuova forma di capitalismo fondato su criteri di correttezza relazionale, la volontà di creare le premesse per lo sviluppo è presupposto essenziale a superare l’attuale situazione congiunturale. Le azioni di sviluppo rappresentano una forma di partecipazione al capitale di rischio della società, aventi maggiori diritti patrimoniali (diritto a ricevere maggiori utili rispetto a titolari di azioni ordinarie) e minori diritti amministrativi (diritto a nominare gli amministratori in modo da evitare problemi di funzionamento in presenza di una moltitudine di soci). Tali azioni, le cui caratteristiche vengono stabilite con apposito regolamento, possono essere successivamente convertite in azioni ordinarie in caso di mancato rispetto dei piani formulati dal consiglio di amministrazione della società.



Questo caso concreto dimostra come una società fondamentalmente sana abbia creato le premesse per uscire dalla situazione di crisi in cui si è venuta trovare, benché ridimensionata, razionalizzando i processi produttivi e proponendo ai soggetti interessati soluzioni innovative in grado di ridurre il sacrificio economico richiesto. Ma quello che più colpisce è la volontà concreta della generalità delle imprese di fare sistema e di adottare forme di sussidiarietà interna ed esterna all’azienda.

La prima si è manifestata attraverso la volontà di buona parte dei lavoratori e degli esponenti aziendali di fare grandi sacrifici al fine di preservare il valore azienda e il suo sistema di relazioni fondato su principi che assumono la centralità della persona come un valore in sè. La sussidiarietà esterna si è manifestata attraverso il consenso e l’entusiasmo dei fornitori orizzontali e di filiera ad accettare un piano che di fatto intende affrontare la crisi con finanza di distretto, essenziale a preservare un sistema di relazioni reticolari in grado di creare valore ed esternalità positive.

Non è detto che il piano abbia successo: questo dipende anche da una ripresa della domanda, dalla capacità dei Tribunali di apprezzare piani di risanamento realistici fondati su soluzioni innovative, dalla volontà del sistema bancario di sostenere soluzioni lungimiranti, non fondate su risultati trimestrali, e dalla capacità del sistema di emarginare speculatori di ogni tipo. Me siamo consapevoli di una cosa: forse questa crisi può rappresentare l’occasione per mettere alla prova le Istituzioni, il sistema delle imprese e degli stakeholder ad adottare comportamenti e soluzioni adeguate e necessarie a progettare una nuova forma di capitalismo fondato sull’economia della conoscenza e sulla centralità della persona.