Un taglio del debito del 35% in cambio di una quota di minoranza di Chrysler fra il 33% e il 40%. I creditori della più piccola delle case automobilistiche americane presentano la propria contro offerta per la ristrutturazione del debito di Chrysler, nella quale chiedono – secondo il Wall Street Journal – “che Fiat versi capitali in cambio di qualsiasi quota ottenga. Questo potrebbe essere un possibile motivo di conflitto con il Lingotto, che ha più volte ribadito di non voler immettere cash nell’accordo” con Chrysler.



Nelle cinque pagine consegnate lunedì sera al Tesoro, i creditori respingono la richiesta del governo di ridurre il debito dell’85% e avanzano la loro, mettendo in evidenza come il loro impegno nei confronti degli azionisti sia recuperare il massimo. Senza giri di parole, le banche spiegano così al Tesoro che in caso di bancarotta di Chrysler potrebbero arrivare a recuperare almeno il 65% del loro investimento. Mentre l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne si appresta a rientrare a Torino per il consiglio di amministrazione e la scadenza fissata dalla task force di Obama si avvicina, il presidente di Fiat Luca Cordero di Montezemolo lascia aperta la porta a possibili alleanze nel caso in cui l’accordo con Chrysler non andasse in porto.



“Noi guardiamo con attenzione a tutto, non escludiamo nulla. Tutto quello che vale lo guardiamo”, afferma Montezemolo. Per il Financial Times l’opzione successiva potrebbe essere la Opel, per la quale – secondo il tedesco Rheinischen Post – il fondo Cerberus (che attualmente controlla l’80,1% di Chrysler) e Fiat potrebbero valutare una “soluzione europea” con un ingresso nel capitale. In attesa di notizie certe, a Piazza Affari il titolo arriva a perdere oltre il 6% e chiude con una flessione del 3,32% a 7,28 euro. Vivaci gli scambi per oltre 88,3 milioni di pezzi passati di mano, pari all’8% del capitale.



Nella contro offerta presentate i creditori si dicono “preparati a tagliare il debito Chrysler di 2,4 miliardi di dollari a 4,5 miliardi, in cambio di quota di minoranza che potrebbe essere compresa – secondo indiscrezioni -fra il 33% e il 40%. L’accordo fra Fiat e Chrysler dovrebe prevedere che a Torino vada il 20% di Chrysler con la possibilità – secondo indiscrezioni – di salire fino al 35% a blocchi di cinque punti percentuali. Al sindacato dovrebbe United Auto Worker (Uaw) dovrebbe andare un altro 20% mentre a un fondo del governo potrebbe andare la quota restante, compreso il 15% con cui Fiat potrebbe arrotondare la propria partecipazione passata la fase iniziale. “Quanto il governo aveva chiesto era senza precedenti nella storia americana. La nostra reazione alla proposta – spiegano fonti vicine ai creditori al Wall Sreet Journal – e stata: Dimenticatevelo”.

In vista dell’approssimarsi del 30 aprile, data entro la quale non è escluso che Marchionne torni nuovamente negli Usa per chiudere la partita, dal mondo politico continua invece ad arrivare un plauso alla possibile alleanza con la casa di Detroit. “Non so quante chance possa avere l’operazione perché non la conosco nei dettagli – afferma il premier Silvio Berlusconi – ma ho fatto i miei auguri più convinti affinché possa andare in porto e dia alla Fiat una grande spinta e la possibilità di contare anche nel mondo internazionale e sul mercato americano”. “Il governo – dice il ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola – si augura che si raggiunga l’accordo tra Fiat e Chrysler.