«Concedere dei mutui casa sapendo della probabile insolvibilità dei contraenti e vendere questi mutui all’interno di prodotti finanziari che passano di mano in mano per motivi speculativi» è stata una forma di «strumentalizzazione della speranza» e di una volontà «di volerla in qualche modo dominare e sfruttare: una banca che vende in queste modalità un rapporto fiduciario con una famiglia, specula sulla speranza».
Lo ha affermato il cardinale Renato Raffaele Martino, intervenuto alla conferenza internazionale “Valori etici e sviluppo integrale della persona nel tempo della globalizzazione”, in corso fino a domani alla Pontificia Università Gregoriana. Alla crisi economica sarà dedicato un paragrafo della prossima enciclica del papa, centrata sui temi sociali e la cui uscita, rimandata più volte, potrebbe avvenire alla fine di giugno.
È stata proprio la crisi economica a rimandare la pubblicazione del testo papale, per la volontà di Benedetto XVI di attualizzarlo rispetto all’impatto della crisi su famiglie e società. Il porporato a proposito della crisi economica globale ha sottolineato che in un momento come quello attuale, in cui «le grandi banche sono in crisi o puntellate direttamente o indirettamente dagli Stati, si riscopre la vecchia banca dislocata sul territorio, le casse rurali e le banche di credito cooperativo, che concedono prestiti conoscendo la persona, la sua famiglia e la sua storia», contrariamente a quanto hanno fatto i grandi istituti di credito.
Riscoprire «l’importanza del microcredito, dei laboratori artigianali che garantiscono i posti di lavoro anche nelle difficoltà e fanno da ammortizzatori sociali – ha aggiunto il card. Martino – sono esempi di fiducia, di collaborazione e solidarietà: tutto questo fa pensare che il momento della crisi debba essere anche il momento della speranza».
Il presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace ha inoltre sottolineato «l’esigenza di promuovere una cultura della legalità» cui devono contribuire i fedeli laici e anche le associazioni di ispirazione cristiana, per combattere «ogni forma di corruzione che disattende le regole della giustizia e afferma la logica del più forte, inducendo inesorabilmente a una cultura dell’illegalità».
Martino ha sviluppato anche il tema del bene comune che, ha ricordato, «è connesso all’esercizio di puntuali responsabilità che riguardano tutti i cittadini e soprattutto di precise responsabilità della politica», mentre «qualche volta si ha invece l’impressione che questa voce sia stata derubricata dall’agenda della vita economica e politica e sia scomparsa dal vocabolario della gente».
Nel suo discorso, preceduto da quello del professor Giuseppe Vedovato e dai saluti del rettore della Gregoriana Gianfranco Ghirlanda, il porporato ha sottolineato quanto sia importante «il primato della persona sulle istituzioni economiche e politiche, poiché esse esistono per la persona e per la sua integrale promozione e non viceversa». Un principio che, se tradotto in termini di cultura sociale, economica e politica, «deve affermare che le istituzioni trovano la loro finalità nella promozione e nella difesa dei diritti fondamentali» della persona, che «costituiscono una norma oggettiva alla base del diritto positivo e che non può essere ignorata dalla comunità politica».