Il presidente americano Barack Obama si dice “più ottimista rispetto a un mese fa” sulle possibilità di sopravvivenza di Chrysler e su un accordo fra la casa automobilistica americana e la Fiat, con o senza il ricorso alla bancarotta, che comunque sarebbe “un passaggio rapido, il più rapido”.
Nel corso della conferenza tenuta in occasione dei primi 100 giorni di presidenza, Obama ribadisce anche il disinteresse nel lungo periodo del governo a controllare quote di capitale in case automobilistiche e banche: “Siamo più concentrati su Afghanistan, Iraq, influenza suina, che sul guidare società”, spiega Obama.
Fiat e Chrysler – secondo indiscrezioni – firmeranno domani l’accordo di partnership, sancendo così il salvataggio della più piccola delle case automobilistiche americane, anche se un suo passaggio per una bancarotta temporanea non è da escludere. E anzi è l’ipotesi più probabile, vista la contrarietà alla proposta di ristrutturazione del debito mostrata da tre fondi, Oppenheimer, Perella e Stairway.
I grandi creditori di Chrylser (JPMrogan, Goldman Sachs, Citigroup e Morgan Stanley) hanno già dato il via libera alla proposta del governo. A mancare è l’ok dei piccoli creditori, che controllano un terzo del debito. Per passare, la proposta, addolcita dal governo a 2,250 miliardi in cambio di un azzeramento dei 6,9 miliardi di debito esistente, ha bisogno di essere approvata dal 100% dei creditori. E i tre fondi contrari starebbero cercando di fare lobby per rafforzare il fronte del no.
Se un accordo con il Tesoro non verrà trovato, Chrysler dovrà fare ricorso al Chapter 11, cioé al concordato preventivo che segnerà inoltre l’addio dell’attuale amministratore delegato di Chrysler, Robert Nardelli, che sarebbe costretto a lasciare – riporta il Washington Post -, sostituito dal management di Fiat.
Le trattative andranno avanti fino all’ultimo: un annuncio sul futuro di Chrysler è atteso per giovedì mattina – afferma il Wall Street Journal – e l’amministrazione ha predisposto per Obama due bozze di discorso: una con la bancarotta della più piccola delle case automobilistiche americane, l’altra che ipotizza una ristrutturazione fuori dal tribunale.
Il ricorso alla bancarotta non pregiudicherebbe un’alleanza con Fiat: gli asset migliori di Chrysler sarebbero ceduti a una nuova società con una struttura proprietaria simile a quella di un accordo fra il Lingotto e Chrysler fuori dal tribunale. A Torino andrebbe cioé il 20%, a fronte del 55% al sindacato. La quota restante andrebbe inizialmente nelle mani del governo.
Nel caso in cui il Tesoro riuscisse a convincere i piccoli creditori ad accettare la proposta di ristrutturazione del debito, Chrysler potrebbe invece evitare il Chapter 11.
Una bancarotta temporanea sembrerebbe l’ipotesi più accreditata anche secondo lo stesso amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne. In questa prospettiva i concessionari di Chrysler hanno assunto una società di consulenza legale per prepararsi a un’eventuale bancarotta.
Scettico sui risultati di un’alleanza il New York Post, secondo il quale “il piano di salvataggio messo a punto dal governo per Chrysler attraverso l’unione con l’italiana Fiat potrebbe trasformarsi in un grande bidone, che potrebbe costare miliardi di dollari ai contribuenti americani se fallisse”.