Dopo lo scontro con le Regioni, e il successivo accordo in conferenza unificata, il piano casa del governo attende solo la stesura definitiva. Il testo dovrebbe arrivare tra pochi giorni. Sarà possibile ampliare entro il 20 per cento della volumetria esistente edifici uni- o bifamiliari e comunque non superiori ai mille metri cubi, demolire e ricostruire edifici residenziali, entro il limite del 35 per cento della volumetria esistente, a patto di migliorarne la qualità architettonica e l’efficienza energetica. In più, procedure semplificate per fare presto e approvare il tutto il più in fretta possibile. Perché anche la crisi, a volte, può essere un’opportunità da cogliere al volo.



«La nuova formulazione mi pare un’ottima base di discussione – dice Ermete Realacci, del Pd – e penso che un’edilizia di qualità centrata non solo sulla qualità dell’abitare, ma anche sul risparmio energetico sia uno dei terreni su cui agire in futuro»

Onorevole Realacci, qual è il suo commento al piano casa uscito dall’accordo Stato Regioni?



Il mio commento è positivo, certo ora aspettiamo di vedere che cosa il testo conterrà nella sua formulazione definitiva. Indubbiamente il salto, tra il cosiddetto testo “apocrifo”, non attribuibile a Berlusconi ma messo in circolazione dalla presidenza del Consiglio come base per la conferenza Stato Regioni, era assolutamente inadeguato, una sorta, di fatto, di “condono preventivo”. Consentiva, in pratica, realizzazioni e ampliamenti in deroga alle disposizioni legislative, agli strumenti operativi vigenti o adottati, ai regolamenti edilizi, insomma in deroga a tutto.

Pensa che nella nuova formulazione, quella sulla quale governo e Regioni hanno trovato l’accordo, gli standard energetici siano accettabili?



Sì, anche se a mio avviso non sono indicati con la dovuta chiarezza. Alcune legislazioni lo fanno già da tempo, come quella del Trentino Alto Adige, o della Toscana, dove se si introducono nelle nuove costruzioni misure di risparmio energetico più avanzate, c’è un bonus di cubatura. Altre regioni si sono mosse in questa direzione. Dal punto di vista del rispetto del territorio, poi, un vulnus inaccettabile nella vecchia formulazione del piano era il divieto di edificabilità per la sola zona A dei parchi, cioè le riserve integrali.

 

Bene, insomma, la nuova versione, che mette d’accordo tutti.

La nuova formulazione mi pare un’ottima base di discussione e penso che un’edilizia di qualità centrata non solo sulla qualità dell’abitare, ma anche sul risparmio energetico sia uno dei terreni su cui agire in futuro. È questo uno dei motivi per cui ci siamo opposti con forza quando è stato sostanzialmente sterilizzato il credito di imposta del 55 per cento.

A cosa si riferisce esattamente?

Quando fu fatta la misura anticrisi il governo pensò di azzerare il credito di imposta del 55 per cento per famiglie e imprese che rimettevano in ordine edifici esistenti introducendo misure di risparmio energetico e di ricorso a fonti rinnovabili. Noi facemmo un’opposizione molto forte e nel Centro nord, dove c’è meno evasione fiscale, ci fu un’insurrezione, perché quella misura aveva coinvolto 250 mila famiglie, migliaia di imprese, decine di migliaia di posti di lavoro. Era una maniera per dare una boccata d’ossigeno all’edilizia sul terreno della qualità.

Ritiene che il testo sia passibile di miglioramenti?

Mi pare che l’ipotesi formulata, ripeto, sia una buona base di discussione. Ora aspettiamo di vedere il testo. Vogliamo però parlare di semplificazione? Siamo sottoposti ad una serie di complicazioni burocratiche che servono non per tutelare gli interessi generali ma per complicare la vita ai cittadini. Ci sono aziende che in un periodo di crisi sarebbero disponibili a investire mettendo pannelli fotovoltaici sui capannoni, che è la cosa più semplice di questo mondo perché ci sono buoni finanziamenti, ma vengono fermate da infinite procedure burocratiche. È assurdo che uno per mettere un’antenna parabolica non abbia bisogno di nulla e per mettere un pannello solare debba aspettare una vita.

Il piano casa lanciato dal premier si aggiunge al piano di social housing residenziale, che ha avuto il via libera lo scorso 12 marzo proprio in conferenza unificata. Qual è, a questo punto, il vero piano casa?

In realtà l’ultimo lo abbiamo chiamato piano casa ma non lo è, è piuttosto un piano di rilancio dell’edilizia. Il vero piano casa ancora non c’è: c’erano già 500 milioni di euro stanziati dal governo Prodi, poi bloccati, poi infine ripristinati per un importo pari a 200 milioni. Ma sono molti di meno di quanto spendono molte Regioni in edilizia pubblica.

Sono quindi insufficienti.

Sono assolutamente insufficienti se, come fa il presidente del Consiglio, si parla di un’edilizia pubblica o convenzionata che sia un vero piano casa, che cioè sia rivolta a coloro che non hanno i soldi per accedere al mercato della vendita o dell’affitto.