Probabilmente molti si sono dimenticati i valori di Borsa del 9 marzo 2009. In quei giorni avventurati per piazza Affari e per tutti i mercati del mondo, sembrava di essere a bordo di una zattera che andava alla deriva puntando diritta non su delle rapide, ma delle cascate a strapiombo.

Tanto per rispolverare la memoria agli smemorati di sempre, il titolo di Unicredit aveva toccato quota 66 centesimi e quando chiudeva la seduta a quota 80 centesimi si faceva festa in piazza Cordusio; quello di Intesa-San Paolo era sceso sotto i due euro; quello di Mps sotto l’euro. Si ipotizzava, tra il faceto e il tragico, che un Fondo sovrano con un rilancio a cinque euro per azione si sarebbe portato via le tre più grandi banche italiane. Scenari goliardici da fanta-finanza.



Tuttavia nel week end che chiudeva la prima decade di marzo non erano pochi quelli che evocavano il collasso del sistema finanziario internazionale. L’America si dibatteva nelle discussioni tra bad bank e titoli tossici, i governi degli Stati europei si muovevano in “ordine sparso” e lo sfiducia era la “regina” indiscussa del mercato mondiale. La settima successiva, lo scenario dei mercati mutava improvvisamente ed è addirittura cominciata, con il passare dei giorni e poi delle settimane, una certa euforia.



Al termine delle nove settimane, i titoli finanziari sono ritornati a dei livelli più che accettabili. La Borsa di Milano ha recuperato qualche cosa come il 60% del suo valore contro una media europea che oscilla tra il trenta e quanta per cento. L’indice S&P Mib di piazza Affari ha ritoccato i ventimila punti.

Il tutto non è avvenuto per caso. La Borsa in genere anticipa il ciclo economico secondo una legge non scritta : «Si scommette su quello che può accadere e si vende su notizia avvenuta». Il fatto è che i mercati hanno seguito i movimenti più coordinati e convincenti dei Governi, al di qua e al di là dell’Atlantico. Che fossero in arrivo conti in negativo, relativi alla “trimestrale” gennaio-marzo, era dato per scontato e si sapeva. Ma indubbiamente la ripresa dei mercati finanziari, anche di fronte ai dati economici segnati pesantemente dalla recessione, era un scommessa sull’azione dei Governi nel mondo finanziario.



Adesso il segretario al tesoro del Governo americano, Tim Geithner dice: «Il sistema finanziario sta già guarendo». Forse Geithner, uomo di Wall Street, esagera, Ma non c’è dubbio che le dichiarazioni di altri capi di governo e dei loro ministri dell’Economia sono più rassicuranti rispetto a due mesi fa. Giulio Tremonti ha detto che ci sono grandi problemi da affrontare e che il mondo dovrà pure cambiare “modo di vivere”, così come dovranno cambiare le banche, ma che comunque il temuto collasso del sistema finanziario è evitato.

Ieri, il ceo di Intesa-San Paolo, Corrado Passera, in una conference-call, ha detto che i conti sono meno negativi del previsto e che ci si è ormai equipaggiati per affrontare i problemi della recessione. Il giorno prima, l’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, pur ammettendo un dimezzamento dei profitti della grande banca, ha detto di non vedere ulteriori situazione negative. E nello stesso tempo sembra fare affidamento anche sui Tremonti-bond.

È vero che è molto difficile avventurarsi nel mondo delle previsioni in campo economico e finanziario, alla luce anche di quello che è avvenuto nel recente passato, quando la maggioranza degli analisti e dei cultori della macroeconomia sottovalutò l’impatto della crisi. Ma non c’è dubbio che oggi, rispetto agli ultimi mesi, lo scenario condiviso da uomini che stanno in prima persona a vigilare e a correggere le anomalie del sistema finanziario, è più rassicurante.

Non si comprende allora perché, dopo un rally delle Borse durato ben nove settimane, di colpo ricompaiano scenari quasi apocalittici, di fronte a due giornate non positive di Borsa. Mercoledì 13 maggio la perdita è stata consistente in Europa, anche perché penalizzata dall’andamento negativo di Wall Street. Ma ieri piazza Affari ha ridotto le perdite al minimo e altre piazze europee hanno concluso in territorio positivo. In tutti i casi è possibile trarre da questa settimana che si apra una nuova stagione dell’Orso, in modo pesante?

Potremmo essere smentiti dai fatti, ovviamente, ma le previsioni negative di questi giorni non ci convincono. Una correzione, un ritracciamento oppure un assestamento, lo si chiami come si vuole, del mercato dopo il grande rally era un fatto quasi fisiologico. E non ci si può richiamare ai luoghi comuni del “bad market rally” che poi nasconde un’ondata ribassista.

Il fatto vero è che la finanza e l’economia mondiale sono ancora ammalate, ma al momento non
sembrano peggiorare. Anzi, guardando alcuni dati, sembra che la “febbre del paziente” stia scendendo e lentamente l’ammalato si sta riprendendo. Ma è evidente che per “alzarsi dal letto” e ritornare in forma ci vorrà del tempo e una correzione del sistema con cui si è convissuto da quindici anni. In sostanza, meglio non stilare nuovi scenari inquietanti, per un ribasso dopo nove mesi di rialzo.

Anche questi sbalzi d’umore, tra ottimismo e pessimismo cosmico (applicato ai mercati finanziari e all’economia) fanno pensare ai cultori di un “mercato perfetto” immaginario che, in realtà, non è mai esistito.