Dirittura d’arrivo per la trattativa su Opel: il governo tedesco dovrebbe decidere al più tardi mercoledì. Intanto il ministro dell’Economia zu Guttenberg ha definito le offerte sul tavolo – di Fiat, di Magna e del fondo Rhij – «insufficienti». Evidente la volontà di rilanciare, per indurre i candidati a presentar una versione migliorativa del loro piano. La partita a questo punto si gioca sui posti di lavoro e sulla copertura da parte dello Stato. Ma non sempre, secondo l’economista Francesco Forte, gli interessi industriali coincidono con quelli della politica.



Professore, il governo tedesco ha bocciato le offerte perché ritenute insufficienti. La politica ha la meglio sulle ragioni del mercato?

Più che la politica, il potere sindacale di veto. In periodo di elezioni esso diviene particolarmente forte e si intreccia con la politica e soprattutto con una parte politica, il partito socialdemocratico tedesco. Che purtroppo si scopre non essere un partito favorevole all’economia di mercato tutte le volte che è in gioco il potere sindacale, oltre che l’interesse specifico dei lavoratori coinvolti.



Cosa rivendica l’Spd?

Ha due preoccupazioni: la difesa della manodopera e il timore che il sistema di gestione duale tedesco vada sotto il controllo della Fiat, che ha tutt’altro tipo di impostazione anche in campo sindacale, cioè di separazione dell’impresa dal sindacato. Teme, com’è facile immaginare, un indebolimento del potere dei sindacati in Opel.

È per questo che i sindacati dunque non vedono bene Fiat e invece sono favorevoli a Magna?

Sì. Pensano di avere con Magna ancor più autonomia che sotto General Motors. Mentre Fiat punta a creare una sinergia industriale e prevede un rilancio di Opel insieme a Fiat nel lungo termine, la modesta operazione di Magna illude i sindacati di conseguire un risultato maggiore, salvando più occupati nel breve termine e dando loro quote e spazi di manovra più consistenti in azienda. Ma in realtà Magna è soltanto un conglomerato di interessi. I sindacati fanno prevalere una visuale egoistica di breve termine, che fortunatamente non convince affatto il governo tedesco.



Si dice che il punto debole di Fiat è che non vuole mettere soldi nell’operazione. Condivide?

Direi che non è un punto debole ma un punto di serietà. Perché Fiat non ha di fronte un’impresa di pura economia di mercato, ma un’impresa in cui entra il potere sindacale e statale degli Stati membri della federazione tedesca. Fiat lo sa benissimo e fa bene a non rischiare, perché i soldi si mettono e si rischiano quando vige una reale situazione di mercato.

E Marchionne non può realizzare il progetto senza prevedere una vera ristrutturazione.

Se per ristrutturare – e nella peggiore delle ipotesi licenziare – Marchionne deve sentire cosa pensano i capi di fabbrica di Opel non può rischiare di ritrovarsi la marcia dei 40mila di Torino. La Fiat questa parentesi l’ha già vissuta e non intende ripiombare in quel pasticcio. Quindi fa benissimo a non mettere soldi, che potrebbe benissimo trovare sul mercato.

Lei ha scritto che il salvataggio di Opel rischia di essere un’altra Alitalia; perché?

Perché anche in quel caso c’era un prestito ponte, che adesso il governo tedesco farà ma che nel caso Alitalia, secondo la Ue, non andava bene. Ma nella normativa europea si dice che in caso di pubblico servizio il prestito ponte è giustificato per evitarne l’interruzione. Era proprio il caso di Alitalia. Qui non si tratta di pubblico servizio, è una vera e propria sovvenzione. E non ha alcuna giustificazione, salvo l’incapacità del governo di decidere prima delle elezioni.

E sul piano sindacale?

In Alitalia c’era il capo dei piloti che dettava legge; qui a dettare legge c’è un capo dei sindacati, Klaus Franz, alla guida del consiglio di fabbrica e pure membro del consiglio di sorveglianza in Opel. Ciascuno dei due, anziché fare solo il sindacalista, proponeva e propone le sue alchimie gestionali, facendo un altro mestiere, perché i sindacalisti dovrebbero occuparsi dell’interesse di lungo periodo dei lavoratori e di tutelarli dai problemi sociali nel breve termine. Infine, c’è un governo in periodo elettorale come da noi… e quindi le analogie sono strettissime.

Sembra che si arrivi ad un verdetto entro metà settimana. Fiat ce la farà?

Ho l’impressione che il governo tedesco decida di non decidere, perché è un governo misto, con Merkel e i socialdemocratici. Merkel secondo me è a favore di Fiat perché non le piace di veder entrare in Germania un’impresa col 30-35% di azionariato in mano ai russi. Questo non la convince, non tanto per ragioni politiche ma perché sa che lì di imprenditori non ce ne sono. Anche zu Guttenberg – mi pare – è a favore di Fiat, ma ha avuto bisogno di un argomento per poterlo dire. E l’argomento è stato: migliorate l’offerta. Noti che non ha detto: date più soldi, ma: migliorate l’offerta. Il che vuol dire ridurre la quota di disoccupazione.

Secondo lei i sindacati cosa pensano?

Se gli esuberi fossero realmente solo duemila in Germania sarebbe difficile dire no all’offerta Fiat anche per i socialdemocratici. Può anche darsi che i socialdemocratici intendano tener duro nella speranza che le condizioni dell’offerta intanto migliorino, per quanto dopo le elezioni rischino di ritrovarsi sconfitti.

Con la ristrutturazione derivante da un’eventuale alleanza Fiat-Opel gli impianti italiani hanno qualcosa da temere?

Gli impianti italiani come Termini Imerese e quelli spagnoli in realtà hanno più da temere senza la ristrutturazione, perché mi sembra che il problema di Fiat sia più quello di gestire siti come Termini con la sua dimensione attuale. E quindi è un problema che si pone indipendentemente da Opel, nel senso che c’era già, e che con Opel riesce probabilmente ad avere un migliore soluzione nel quadro delle sinergie previste dal nuovo assetto industriale.