Chiuso con successo appena giovedì il dossier Chrysler, l’ad di Fiat, Sergio Marchionne, vola a Berlino per aprire, con «il pieno appoggio» del cda del gruppo, un nuovo, importante capitolo nella strategia del Lingotto, nel tentativo di “chiudere il cerchio” con la Opel, e realizzare un gruppo automobilistico con un fatturato di circa 80 miliardi di euro. Un primo contatto per rappresentare ai ministri dell’Economia e degli Esteri tedeschi i progetti della casa torinese per la società controllata da Gm che più volte è stata definita, sia da Marchionne che da Montezemolo, il «partner ideale».
L’operazione è «dal punto di vista ingegneristico e industriale un matrimonio perfetto» spiega l’ad del Lingotto al Financial Times, augurandosi di chiudere la partita entro la fine di maggio e di quotare la nuova società entro la fine dell’estate. Fra Fiat e Opel – scrive il quotidiano britannico – le sinergie potrebbero raggiungere il miliardo di euro all’anno attraverso la fusione di alcune piattaforme.
Per assicurare al piano Marchionne «il miglior sviluppo strategico», il Lingotto è pronto a valutare «varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles in una società quotata che ne unisca le attività con quelle di General Motors Europe». In pratica, una società in cui confluiscono da un lato Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Fiat Professional, Abarth e, ora, anche Chrysler; e dall’altro Opel.
Se saranno superati gli ostacoli politici e antitrust, il nuovo gruppo – precisa il Financial Times – unirà i 10 impianti di Gm Europe con gli 11 di Fiat, dando vita a un gruppo paneuropeo che, con Chrysler, sarà forte in Europa, Nord America e America Latina. Marchionne prevede di chiedere – aggiunge il Ft – al governo inglese e a quelli dei paesi in Fiat e Opel hanno impianti garanzie sui prestiti.
«L’iniziativa segna l’avvio del tanto atteso consolidamento di un’industria automobilistica in profonda crisi, con Marchionne primo fra i numeri uno della case automobilistiche a trarre vantaggio del forte coinvolgimento pubblico nel settore e della disponibilità di asset di valore offerti da Gm e Chrysler quasi a zero», prosegue il Ft. «È una soluzione incredibilmente semplice per un problema molto spinoso», spiega Marchionne al quotidiano, lasciando intravedere la possibilità che possa lasciare l’attuale incarico in Ubs, dove è vice presidente non esecutivo. «Non posso fare tutto. È improbabile – spiega – che mi presenti per la rielezione il prossimo anno».
A Berlino Marchionne cercherà di dissipare i timori della Germania sull’operazione Fiat-Opel, «assicurando che non saranno chiusi impianti e che l’Italia condividerà – scrive il Financial Times – ogni eventuale taglio all’occupazione. In base ai dati delle precedenti fusioni e alla taglia delle due società, potrebbero essere tagliati in Europa 8.000-9.000 posti di lavoro. Fiat Auto conta in Europa 39.000 dipendenti e Gm Europe 54,500 alla fine del 2008».
I ministri dell’Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, e il titolare degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier – scrive la stampa tedesca – dicendosi equidistanti dai vari candidati alle nozze con Opel, avrebbero fissato una serie di paletti, primo fra tutti quello relativo alla sopravvivenza nel lungo periodo degli stabilimenti Opel in Europa. Affermando che «il governo federale si accinge ai colloqui in maniera del tutto aperta: decisivo è che le imprese si accordino», Zu Guttenberg ha anche detto che lo Stato non vuole acquistare azioni Opel.
A insidiare la Fiat c’è però Magna, il gruppo austro-canadese che il 28 aprile scorso ha incontrato zu Guttemberg presentandogli quella che il ministro ha definito una «prima interessate bozza di piano». E che, secondo indiscrezioni di stampa, assieme al costruttore russo Gaz e alla banca russa Sberbank, sarebbe disposto a investire nell’operazione Opel cinque miliardi di euro.