I giovani che cominciano a lavorare oggi dovranno aspettare per andare in pensione circa cinque anni in più dei loro genitori se vogliono mantenere lo stesso livello di vita: è quanto emerge dal Rapporto previsionale della spesa pensionistica curato dal Cer per il Cnel presentato oggi, secondo il quale per compensare il calo del tasso di sostituzione della pensione nel 2045 (dal 66,5% attuale al 48,4% dello stipendio per gli uomini dipendenti del settore privato e dal 54,2% al 36,5% per le donne) sarà necessario lavorare molto più a lungo.



Se si tiene conto del prelievo fiscale e contributivo su salari e pensioni la riduzione del tasso di sostituzione comunque – precisa il Rapporto – viene parzialmente ridimensionata con un calo per gli uomini dal 77,4% al 63,2% e per le donne dal 66,9% al 54,8%.

Nei prossimi anni, ricorda l’indagine, andrà a regime il sistema contributivo che prevede come il calcolo della pensione sia fatto sulla base dei contributi versati e dell’aspettativa di vita. Ciò significa che se adesso a 61 anni si esce dal lavoro in media con circa due terzi dell’ultimo stipendio per mantenere la stessa percentuale nel 2020-2030 bisognerà lavorare circa un anno in più, uscendo dal lavoro a 62 anni.



Nel decennio successivo sarà necessario restare in ufficio tre anni in più mentre nel decennio 2040-2050, secondo la simulazione bisognerà estendere il periodo lavorativo di cinque anni e mezzo, quindi fino a quasi 67 anni (sempre che cambi il limite dell’età di vecchiaia adesso fermo per gli uomini a 65 anni). E per le donne se si vorrà mantenere una pensione decente bisognerà lavorare fino a 65 anni, sempre che cambino le regole sull’età di vecchiaia.

Il metodo contributivo, spiega il Rapporto. «determinerà una notevole e progressiva riduzione dei trattamenti in relazione ai salari’ e per gli autonomi e le donne la riduzione sarà particolarmente grave».



Il rapporto affronta anche il tema della spesa pensionistica in rapporto al Pil con una stima di crescita fino al 2010 e un andamento stabile tra il 2010 e il 2040 tra il 13,6% e il 14% del prodotto interno lordo, soprattutto grazie all’andamento a regime del sistema contributivo. Dopo il 2015 l’importo medio delle nuove pensioni liquidate in rapporto al Pil pro capite passa dal 23% al 18% mentre l’età media di pensionamento passa da 60 a 63 anni per gli uomini e da 59 a 61 per le donne.