I contatti a livello manageriale e di governo dedicati agli sviluppi della campagna di primavera di Fiat si stanno intensificando. Dopo aver portato a casa il successo Chrysler, Fiat è ora impegnata sul fronte Opel, e i segnali sembrano positivi, pur scontando la dose di inevitabile incertezza che deals così grossi presentano.
Sembra incredibile che una società fino a poco tempo fa in profonda crisi finanziaria, industriale e psicologica possa oggi essere protagonista di due colpacci internazionali di tale livello. È sembrato incredibile anche a Gunther Verheugen, che si è lasciato andare a una dichiarazione sul tema molto probabilmente di bassa bottega, anche se si è trattato solo una gaffe, inaccettabile più per le strumentalizzazioni possibili che non per la sua ricaduta istituzionale.
In realtà un turnaround come quello di Fiat mostra come il management conti, e possa fare forse non miracoli, ma certo produrre effetti che sembrano miracoli ai più. La capacità manageriale è sicuramente un fattore scarso, e varrebbe la pena di riflettere su casi di questo genere quando si legge delle prese di posizione spesso bassamente populiste sulle retribuzioni del top management nelle grandi (e non solo) società.
La gaffe di Verheugen sottolinea peraltro che grandi transazioni come quella che coinvolgerebbe Fiat e Opel, ma anche quella Fiat e Chrysler, sono di interesse dell’Unione Europea per almeno due ordini di motivi.
Il primo, meno codificato, è di politica industriale: si tratta di transazioni di grandi dimensioni, che modificano il quadro di un’industria importante come quella automobilistica, a sua volta caratterizzata da elevati livelli occupazionali, forte indotto produttivo e fortissime lobbies nazionali e comunitarie, tutte caratteristiche che non possono lasciare indifferenti le istituzioni Europee.
Nel contesto attuale poi, l’industria automobilistica a livello mondiale è caratterizzata da una crisi di sovra-produzione che deve portare prima o poi a razionalizzazioni, e per le autorità nazionali ed Europee è importante seguire attentamente le dinamiche in corso per comprendere dove gli effetti delle razionalizzazioni si faranno sentire più dolorosamente.
Il secondo motivo è invece inquadrato da articoli del Trattato, sia sul lato concentrazioni che sul lato aiuti di Stato. Quando le parti in un accordo di concentrazione si dibattono in acque non tranquille, è possibile che i governi – in cambio della rimozione di quello che potrebbe diventare un gran mal di testa – concedano facilitazioni di vario tipo, che oltre certi limiti potrebbero configurare un aiuto di Stato.
L’esame dell’operazione sotto il profilo delle concentrazioni cerca invece di stabilire se la concentrazione, una volta realizzata, possa costituire un pericolo per la concorrenza per la sua presenza quantitativamente rilevante (posizione dominante) o, nel caso in cui gli operatori siano già in numero ridottissimo, se la concentrazione non possa scatenare una inevitabile tendenza ad accordi di prezzo tra gli operatori.
La Direzione Generale Concorrenza dell’UE (che non dipende da Verheugen) esaminerà la notifica di entrambe le operazioni Fiat, una volta perfezionate, per verificare queste possibilità. Nessuna delle due dovrebbe peraltro presentare particolari problemi, almeno a giudicare dalle informazioni disponibili. La presenza Chrysler sul mercato europeo e quella di Fiat su quello americano sono talmente ridotte da non creare sovrapposizioni importanti.
L’operazione Opel è ancora piuttosto vaga dal punto di vista strutturale, ma anche se venisse a creare una vera e propria acquisizione l’aumento di peso della compagine risultante non dovrebbe costituire un problema se la definizione del mercato rilevante, ossia sul quale l’operazione esplica i propri effetti, fosse quella di mercato europeo, e ancor meno se il mercato rilevante fosse identificato, come sarebbe probabilmente più corretto, nel mercato mondiale.