Anche dopo le riunioni delle ultime ore tra i rappresentanti dei 27, ognuno sembra restare sulle proprie posizioni. Londra non accetta soprattutto che ci possano essere delle autorità europee che – nel caso di controversie tra le autorità nazionali di vigilanza (vedi il caso di contrasti su gruppi bancari o assicurativi transfrontalieri) – possano portare avanti mediazioni con poteri decisionali giuridicamente vincolanti. E che possano avere un potere di controllo sulle agenzie di rating.     



Il Regno Unito non vede di buon occhio anche la proposta di affidare alla Bce la guida dello European Systemic Risk Council, l’organismo che dovrà vigilare sui rischi sistemici in stretto contatto con l’Fmi e con il Financial Stability Board guidato dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Ma su questo punto – spiegano fonti comunitarie – ci potrebbero essere margini per un compromesso.



Le differenze tra la posizione del Regno Unito – appoggiato da qualche altro Paese al di fuori dalla zona euro come Romania, Slovacchia e Slovenia – e i principali Stati di Eurolandia restano comunque sostanziali. Con Parigi e Berlino che puntano al contrario di Londra ad un rafforzamento delle competenze Ue in materia di vigilanza, sia macroprudenziale che microprudenziale, come hanno ieri ribadito il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Anche l’Italia è schierata con i Paesi che sostengono una riforma ambiziosa, con un trasferimento reale a livello Ue di poteri di vigilanza.



E se per Londra la proposta della Commissione Ue va oltre il consentito, per Roma rappresenta «il livello minimo indispensabile», e scendere al di sotto di quel livello – si spiega – sarebbe considerato sbagliato.