L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato lo scorso primo giugno ha segnalato al Parlamento e alle Regioni la necessità di suddividere in maniera trasparente e chiara il servizio ferroviario redditizio e quindi di mercato, da quello sussidiato e non di mercato. Tale distinzione è necessaria al fine di fornire a Ferrovie dello Stato, oggi il quasi monopolista totale dei servizi ferroviari passeggeri, il “giusto” livello di sussidi e contributi. La necessità rimane quella poi di mettere a gara i servizi non di mercato per far sì che si possa introdurre un minimo di concorrenza nel settore.



Rimane tuttavia una domanda di fondo. Deve essere per forza un unico mezzo di trasporto, quello ferroviario, che risponde al bisogno di mobilità dei cittadini italiani? Ad esempio, sulla lunga percorrenza, il treno non è competitivo con il trasporto aereo e in particolare con il servizio aereo low cost. Devono i contribuenti italiani sussidiare l’incumbent Trenitalia per un servizio inefficiente rispetto alla modalità aria? La risposta è chiaramente negativa e lo Stato potrebbe risparmiare diverse decine di milioni di euro l’anno sulla lunga percorrenza se solo agisse in maniera razionale.



Certo Ferrovie dello Stato è un’azienda ancora troppo importante da un punto di vista politico; è posseduta al 100% dal Ministero dell’Economia e i dipendenti che lavorano nella società sono quasi 100 mila. Si capisce bene, che ridurre il perimetro dell’azienda e lasciare diverse tratte al mercato aereo, da un punto di vista politico, non è auspicabile, perché farebbe venire meno una parte dell’appoggio politico che Ferrovie dello Stato ancora è in grado di fornire.

Se l’obiettivo dello Stato fosse quello di ridurre gli sprechi nel settore ferroviario, allora probabilmente si attuerebbe una soluzione “ britannica”, dove la rete dei binari è pubblica e diverse compagnie ferroviarie si fanno concorrenza. In questo modo i costi di produzione si ridurrebbero e i sussidi a Trenitalia, molto probabilmente si dimezzerebbero.



Tra il 2000 e il 2007, in media ogni anno, i contribuenti italiani hanno versato all’azienda pubblica circa 7 miliardi di euro. Al fine di fare un’analisi economica-politica di FS Holding, è necessario togliere gli aumenti di capitale da questa cifra e analizzare gli ultimi tre conti economici resi disponibili dall’azienda.

Se si studiano i bilanci tra il 2005 e il 2007 è interessante vedere sia l’andamento delle perdite di Ferrovie dello Stato che quello dei sussidi e dei contributi pubblici all’azienda. Nel 2005 i sussidi e i contributi destinati a FS sono stati pari a 4401 milioni di euro, mentre la perdita di FS Holding è stata di 472 milioni di euro. Nel 2006, i fondi pubblici che hanno alimentato il conto economico dell’azienda sono diminuiti a 3506 milioni di euro; il bilancio mostrò un “buco” di 2119 milioni di euro. Infine nel 2007, i sussidi e i contributi ritornarono ad un livello vicino a quello del 2005, a 4321 milioni di euro e FS mostrarono dei conti con 418 milioni di euro di perdite.

La correlazione tra perdite e sussidi è evidente, ma lo è ancora di più analizzando i margini operativi lordi con i fondi pubblici destinati all’azienda. Quando i sussidi aumentano, il margine operativo lordo di Ferrovie dello Stato Holding migliora e viceversa. L’evoluzione dei sussidi e dei contributi evidenzia inoltre la totale politicizzazione nella scelta dell’amministratore delegato dell’azienda ferroviaria. Nel caso un amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, scelto da un Governo precedente, non dovesse piacere ad un nuovo esecutivo, è sufficiente limitare i fondi pubblici all’azienda, per mettere in cattiva luce lo stesso. Questo caso non è fantascienza; in passato è già accaduto diverse volte.

Questo evidenzia quanto sia ancora pubblica la gestione dell’azienda ferroviaria e mette in mostra che l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato è tanto capace quanti più sussidi e contributi riesce a farsi assegnare dall’azionista unico, lo Stato. Il trasporto ferroviario italiano risponde ancora a una logica politica e non di mercato e la suddivisione tra tratte di mercato e tratte in regime di pubblico servizio potrebbe portare dei benefici, ma in maniera limitata.

Finché il gestore della rete, RFI e la compagnia ferroviaria incumbent, Trenitalia, saranno gestite dalla stessa Holding, Ferrovie dello Stato, resterà un tale conflitto di interesse, che probabilmente le gare saranno vinte sempre dall’operatore storico. Quindi non è solamente necessario rendere trasparente e obbligatorio il sistema delle gare, come giustamente ricorda l’antitrust, ma è necessario separare effettivamente Trenitalia da RFI.

Un ultimo appunto sulla gestione attuale: l’analisi “sussidi-perdite” potrebbe essere utilizzato per vedere quanto un amministratore delegato piace a un esecutivo. I dati di bilancio del 2008 non sono ancora stati pubblicati, ma diverse indicazioni, sembrano mostrare che Mauro Moretti non sia sgradito all’esecutivo in carica, nonostante sia stato scelto dal Governo Prodi.