Ai suoi esordi la Comunità Europea prese anche spunto dal libero scambio dell’energia: ci ha messo insieme il carbone! Cinquant’anni anni dopo una delle più grandi sfide dell’odierna Europa è senza dubbio quella dell’approvvigionamento del gas Naturale. E l’Italia è protagonista.
Lo scorso lunedì il nostro Ministro dello Sviluppo Economico è intervenuto nell’ambito delle strategie dello sviluppo delle iniziative italiane in tema di gasdotti. «I lavori inizieranno nel 2010, l’obiettivo è quello di terminarli entro la fine del 2012» ha infatti dichiarato il ministro Claudio Scajola, nell’ambito della missione in Algeria, a proposito del gasdotto denominato Galsi (l’infrastruttura di circa 900 km che, passando anche attraverso la Sardegna, porterà in Italia 8 miliardi di metri cubi di gas).
Sullo stesso argomento, qualche giorno prima un’altra rilevante intesa ha avuto protagonista il nostro governo e le nostre imprese. Il Presidente di Gazprom, Alexej Miller e l’Amministratore Delegato di Eni, Paolo Scaroni, alla presenza dei premier russo e italiano, Vladimir Putin e Silvio Berlusconi, hanno infatti firmato nella seconda metà di maggio una nuova intesa relativa alla realizzazione del gasdotto chiamato “South Stream”. Si prevede ora il raddoppio della capacità di trasporto della pipeline, da 31 a 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno.
Eni e Gazprom, inoltre, hanno ribadito il massimo impegno a proseguire nello sviluppo del progetto, data la sua rilevanza strategica nell’apportare, attraverso una nuova rotta, un contributo decisivo alla sicurezza degli approvvigionamenti di gas verso l’Europa. Un’iniziativa che, comprensiva delle tratte europee dalla Grecia all’Italia e dalla Bulgaria fino all’Austria, potrebbe costare oltre 20 miliardi euro (di investimento)!
Nel frattempo prosegue nel mar Baltico la posa di un altro gigantesco gasdotto, quello denominato Nord Stream o anche “gasdotto russo-tedesco”: da qui passeranno, si ipotizza dal 2012, ben 55 miliardi di metri cubi di gas (sono 8 miliardi di euro per la sola parte posata in mare). Sembra invece procedere più al rilento la realizzazione del “Nabucco”, che dalla Turchia del Sud è progettato per risalire l’Europa verso Nord. Quest’ultimo è sostenuto da buona parte della Commissione Europea per ridurre la dipendenza dei Paesi dell’Unione dal gas di provenienza russa o dai pesi ex sovietici.
È giustificata un siffatta strategia di investimenti in questo settore? Il fatto condiviso è che il fabbisogno di energia per i Paesi europei continuerà a crescere nei prossimi anni, anche se il nostro ritmo di sviluppo non è paragonabile a quelli impressionanti della Cina o del Sud Est Asiatico e neppure del Sud America. In Europa, pur con il ritorno alla fonte nucleare, assisteremo a un graduale incremento del bisogno di combustibili fossili. In questo contesto si rincorrono le previsioni di crescita del gas naturale.
I maggiori operatori internazionali dell’energia, nelle loro valutazioni pubbliche, affermano che la domanda di gas in Europa supererà nel 2015 i 600 miliardi di metri cubi (di cui 100 circa il nostro paese). Poiché allo stesso tempo stiamo assistendo a una diminuzione della produzione continentale (in particolare dai pozzi del mare del nord) già dalla metà del prossimo decennio potremmo avere bisogno di incrementare le importazioni fino a 200 miliardi di metri cubi.
Siamo perciò di fronte ad alternative di gasdotti in una situazione che vede in competizione tra loro smisurati interessi sulle alternative progettuali per espandere e rafforzare la capacità di importazione di gas nell’Unione Europea. In tutto ciò, sebbene appaiano consolidarsi gli accordi con i paesi del nord Africa, il vero regista e motore appare il gigante russo Gazprom e al centro della sfida resta la resa dei conti con l’Ucraina e altri paesi ex sovietici come la Bielorussia.
L’Ucraina, un tempo tratto fondamentale del “Gasdotto della fratellanza” sovietico, nel recente passato ha creato problemi alle forniture russe all’Europa occidentale, prelevando indebitamente e ripetutamente il gas. Un affronto da rimuovere immediatamente per Gazprom, che della sicurezza nelle forniture ha fatto la sua bandiera e la base di ogni trattativa con gli europei. A oggi l’Ucraina ha un’arma con cui minacciare la Russia: bloccare le due grandi condotte che portano il gas russo in Europa.
Il giorno in cui i nuovi e immensi gasdotti entreranno in funzione senza più passare in territorio ucraino questa situazione avrà termine e alcuni Paesi dovranno ridimensionare notevolmente il proprio atteggiamento di parziale sfida nei confronti della Russia e di Gazprom. La Comunità Europea e l’Italia sono dinnanzi a decisioni gravose e impegnative.