Le cronache sul G8 hanno creato più confusione che chiarezza in molti lettori. Cerco di chiarire i punti principali.
Conta o no il G8? Panebianco ha scritto sul Corriere di sabato che non conta perché i Paesi del G7+Russia che lo compongono non sono più, come lo furono nel 1975, il potere economico mondiale, ma solo un parte di esso, cedente di fronte alle potenze emergenti di Cina, India, Brasile, Russia stessa, ecc. Pertanto è il G20 che conta per prendere decisioni veramente globali. Entro di esso è il G2 America/Cina, e non quello America/Europa, che costituisce il centro dell’economia mondiale.
Vero. Ma proprio per questo il G8 conta di più. Rappresenta il club occidentale, delle democrazie, pur la Russia semidemocrazia. Se unito rimane ancora un blocco più forte di quello asiatico/emergente (Bric), se con Russia e India convergenti fortissimo.
Se il metro di valutazione è quello di far prevalere il “criterio occidentale” nella governance mondiale, allora il G8 è l’unico strumento per ottenerlo. L’America è ormai troppo piccola per governare il pianeta da sola, si sta ritirando, ma la sua forza cedente può essere compensata da quella di un’alleanza occidentale più coesa e allargata. Se uno ritiene già persa la partita vede il lato dove il G8 conta sempre meno a favore del G20 a dominio cinese. Ma la notizia, anche chiarimento, è che i Paesi G7, i russi e gli ospiti esterni ritengono che la partita sia ancora da giocare e non possono permettersi di derubricare il club o rifiutarne l’invito.
La vecchia funzione di governance mondiale è morta, ma il G8 resta rilevante come luogo dove l’Occidente si unisce e resiste tentando di includere altri nel proprio criterio. Per valutare il punto, semplificandolo, chiedetevi se è meglio che il mondo sia comandato dal capitalismo democratico occidentale oppure dai cinesi portatori del “capitalismo autoritario”
I contenuti del summit sono stati troppo vaghi? Il nuovo scopo del G8 è quello di consolidare e allargare alleanze pro-occidentali, cementandole sul piano politico, non certo quello di fare politiche concrete. Ma fa parte della missione di convergenza ideologica l’attestazione di principi comuni di politica economica e internazionale. Il più importante è stato, poco sottolineato dalla stampa, quello che riconferma l’impegno a non ricorrere al protezionismo economico nella crisi in corso. Lo sottolineo perché il protezionismo dei paesi ricchi, che in realtà sta aumentando, potrebbe compromettere la ripresa globale in corso, pur lenta.
Questa analisi ci aiuta a valutare l’operato del nostro governo: successo o insuccesso? La condizione di successo del G8 è quella di includere altre democrazie, prime tra tutte l’India e la semidemocrazia russa, puntando a un formato G10 o G12 nettamente occidentalista nonché costringere il “nemico” cinese a mangiare insieme per non restare escluso. Il segnale è: cari asiatici ed emergenti, dovrete fare i conti con noi occidentali, non siamo finiti. L’indecisione dell’America in crisi ha attutito, ma non annullato, questo messaggio.
Berlusconi è stato bravo ad interpretare il nuovo ruolo del G8, allargandolo per questo scopo mirato. Inoltre ha ben servito l’interesse dell’Italia di diventare centro del Mediterraneo, invitando gli islamici rilevanti. In più, con l’enfasi sull’Africa, ha creato i precursori per una collaborazione stretta con l’Amministrazione Obama, che ha messo la politica africana in priorità, da estendere al Mediterraneo stesso. Niente di definitivo, tra macerie e ricostruzione come l’Aquila, ma il summit è stato innovativo.