Lunedì 13 luglio 2009, si è celebrato il battesimo del progetto Nabucco. Così almeno è stato riportato da molti giornali, sia italiani sia stranieri, che si sono evidentemente scordati che Nabucco è ormai un bambino in età scolare.
Il consorzio Nabucco, infatti, è stato fondato nel 2002, dalle principali società energetiche di Turchia, Bulgaria, Romania e Ungheria, con l’austriaca OMV a fare da capofila a questo progetto. Obiettivo dichiarato quello di portare gas naturale in Europa smarcandosi dalle forniture russe. Nabucco avrebbe anche un risvolto italiano: infatti, una volta giunto in Europa, verrebbe costruita una propaggine meridionale che, attraversando la Grecia e lo Ionio, raggiungerebbe le coste pugliesi.
In questi sette anni i proponenti hanno organizzato incontri e riunioni a vari livelli, da quelli più tecnici a quelli prettamente politici. Fino al 12 luglio, tuttavia, questo susseguirsi di incontri e riunioni aveva prodotto ben poco, vale a dire un sito internet e uno studio di fattibilità tecnica. Risultato molto modesto, visto che il problema della costruzione di Nabucco non è mai stato tecnico. Infatti, Nabucco correrebbe affianco a un gasdotto esistente che già oggi dall’Azerbaijan arriva in Grecia attraversando tutta la Turchia, riducendo tempi e costi di realizzazione. Allo stesso modo, anche la parte europea non sarebbe complicata, visto che si tratterebbe di potenziare gasdotti già esistenti.
L’importanza dell’evento celebrato ad Ankara sta dunque nel fatto che l’accordo intergovernativo fra i vari partecipanti (con la sempre gradita benedizione degli osservatori statunitensi) dovrebbe aver finalmente sbloccato (in parte) l’aspetto finanziario, visto che l’UE si accollerebbe circa il 25% del costo totale, stimato in 10 miliardi di euro. Tuttavia, l’enfasi con cui alcune testate giornalistiche hanno celebrato l’evento (Leonardo Coen, su Repubblica, ha addirittura scritto che «quelli di Gazprom hanno inghiottito amaro»), risulta fuori luogo, perché la conferenza di ieri non ha risolto il problema di fondo che da sette anni attanaglia il consorzio: la mancanza di gas con cui riempire i nuovi tubi.
Durante la conferenza stampa, ad esempio, il premier turco Erdogan ha espresso il desiderio che l’Iran possa diventare il principale fornitore di gas naturale del consorzio. Desiderio subito respinto al mittente dall’osservatore americano, il quale ha sostenuto che non ci sono le condizioni politiche perché si possa comprare il gas degli ayatollah.
Osservando i confini turchi rimangono così Azerbaijan e Iraq. Il paese caucasico fornisce da qualche tempo il mercato turco, con circa 8 miliardi di metri cubi l’anno. Tuttavia, nonostante le rassicurazioni di Baku, i giacimenti azeri, in produzione dai tempi sovietici, non sono in grado di fornire i 30 miliardi di metri cubi l’anno che dovrebbe trasportare Nabucco. Da un punto di vista delle riserve di gas, invece, l’Iraq potrebbe rivelarsi un prezioso partner; per contro, tuttavia, bisogna ricordare che si necessiterebbe di un gasdotto di collegamento a Nabucco che attraverserebbe il Kurdistan, rendendo la soluzione quantomeno molto rischiosa.
Al consorzio restano, così, solamente due opzioni, di cui una utopistica e una difficilmente perseguibile. Quella utopistica è legata a forniture egiziane, tramite un gasdotto che passerebbe per Palestina, Israele e Libano: in questo caso chi scrive ritiene superfluo ogni commento. Invece, quella difficilmente perseguibile è la pista turkmena. In questo caso, si dovrebbe costruire un gasdotto che dai giacimenti turkemeni del Caspio, via Azerbaijan, si colleghi al tratto turco del Nabucco. La realizzazione del progetto, di per sé tecnicamente complesso, ma certamente fattibile, è legata alla preliminare stipula di un accordo internazionale per lo sfruttamento del bacino del Caspio. Ad oggi, infatti, i cinque Paesi rivieraschi (Russia, Iran, Azerbaijan, Turkmenistan e Kazakhstan) non hanno ancora trovato un’intesa soddisfacente per la spartizione di questo mare chiuso ricco di materie prime. Di più, la Russia sa benissimo che un accordo del genere spingerebbe il gas turkmeno nelle fauci del Nabucco.
Tutte queste difficoltà spiegano perché, fino ad ora, il consorzio non abbia per le mani nemmeno un accordo di massima per forniture pluriennali di metano. Con la diretta conseguenza che i finanziatori privati latitano e l’orso russo sta alla finestra, comodamente seduto sulle sue immense riserve di gas naturale e pronto ad andare avanti con progetti alternativi, fra cui South Stream, gasdotto che dalla Russia arriverebbe direttamente in Bulgaria attraversando il Mar Nero e aggirando l’Ucraina.
A questo proposito, con molto realismo e una malcelata delusione, gli osservatori americani hanno sostenuto che «la Russia è benvenuta a partecipare al progetto Nabucco». Insomma, è tempo per il nostro fanciullo di andare a lezioni di russo.