Repetita iuvant. «Domenica una notizia apparentemente slegata da questo discorso ha attirato la mia attenzione: lo staff di Goldman Sachs, comprese le oltre 4mila persone impiegate nella City di Londra, riceverà a breve i più alti bonus mai pagati dall’azienda in 140 anni. Non solo i top manager ma tutti quanti. Il perché è presto detto: grazie alla mancanza di competizione nel mercato e soprattutto a un incredibile aumento dei profitti dato dal commercio sulle valute e sui bond, a inizio aprile il management ha deciso di accantonare metà del profitto trimestrale dell’azienda di 1,2 miliardi di dollari per i bonus dello staff. Questo in tempo di crisi e recessione: che cuore d’oro e soprattutto che capacità di creare business! E pensate che i risultati del secondo trimestre saranno ancora migliori: non a caso Warren Buffett fiutò l’affare fin da gennaio quando comprò azioni Goldman per 5 miliardi di dollari e ora può già contare su un guadagno netto di 1 miliardo.
Fin qui i peana, ora la verità: politica prima che finanziaria. Goldman Sachs è il broker principale dei bonds governativi statunitensi, di fatto “lavora” per il governo per piazzare in giro il debito Usa e più il governo crea, più Goldman piazza e più guadagna. Chi pensate stia facendo la politica monetaria Usa, Geithner forse? Non siate ingenui: il fatto che la scorsa settimana Goldman Sachs abbia “predetto” che il governo Obama dovrebbe emettere 3,25 miliardi di debito tramite bonds entro settembre vi pare una previsione o una decisione? Bravi, la seconda. Vendendo e trattando quei bonds, Goldman farà altri miliardi di dollari e pagherà altri faraonici bonus al suo staff alla faccia della crisi e della recessione. Ecco il succo del “Yes, we can” di Obama, il poter essere molto più di George W. Bush e persino di Dick Cheney al servizio delle lobby e della banche d’affari che la crisi hanno contribuito a crearla e da cui, a tutt’oggi, traggono invece profitto».
Quanto avete letto non è stato scritto ieri insieme a tutti gli altri giornali del pianeta, né l’altro ieri quando le agenzie ne cominciavano a dare conto. È stato scritto il 23 giugno scorso dal sottoscritto. Un fenomeno? No, assolutamente. Solo un giornalista che non avendo banche o comitati d’affari come editore può permettersi di leggere e scrivere le cose come stanno. Lo fanno in pochi ed è un peccato. Altrimenti si potrebbe leggere per quello che sono le considerazioni finali emerse dal G8 dell’Aquila in tema di lotta alla crisi economica globale: buffonate.
Cristine Lagarde, ministro delle Finanze francesi, è infatti donna di straordinaria eleganza e fascino, parla un inglese pressoché perfetto e vanta un curriculum da fare invidia. Però, ha un difetto: dice le bugie. Se infatti in pubblico è una sorta di giacobino assetato di sangue liberista, in privato sta pensando a una bella manovra di stimolo extra mascherata da investimento: ovvero, sta andando contro i principi di Maastricht, quanto concordato tra partner e soprattutto contro le sue stesse convinzioni.
Nel silenzio generale, infatti, la Francia sta pensando all’emissione di un maxi-bond da 80 miliardi di euro per finanziare opere pubbliche primarie, sviluppo delle energie alternative e la difesa. Avete capito bene, un bel “national bond” che ha già fatto drizzare le antenne all’agenzia di rating Fitch secondo cui un’operazione del genere, se non accompagnata da serie politiche di consolidamento, potrebbe portare la Francia fuori dal club delle AAA. Già, perché se all’Eliseo stanno zitti e mandano avanti le mogli, alla Barclays Bank hanno già fatto i calcoli e un piano simile se anche avesse un controvalore di emissione di 40 miliardi di euro, ovvero la metà di quanto si pensa realmente, porterebbe il deficit di budget a qualcosa come il 10,4% del Pil e il debito pubblico su Pil all’89%.
Questo bond speciale, denominato “Emprunt”, è già stato bocciato in patria da più di un politico. L’ex candidato alle presidenziali, Francois Bayrou, lo ha definito “surreale”: «Abbiamo già un deficit di budget di 140 miliardi di euro, non esiste limite all’eccesso? Alla fine dei conti, quel debito deve essere ripagato». Già, proprio così. Va ripagato. Come? Chiedetelo alle sopraffine menti che si riuniscono all’Ecofin invocando rigore e misura e poi, nel chiuso delle proprie stanze, danno vita a giochini delle tre carte come quello messo in pratica dai francesi. Pensate che Berlino sarà contenta di questa mossa, visti i guai che le si pongono di fronte e il no di Bruxelles a ulteriori misure di stimolo fiscale controfirmato con il sangue da Peter Stainbruck?
Ma si sa, occorre essere ottimisti altrimenti si è antipatriottici. Come ad esempio Mario Draghi, degno della fucilazione alle spalle per aver detto ieri, per l’ennesima volta, la verità riguardo i conti delle banche italiane: il peggioramento della redditività bancaria «è proseguito nei primi mesi del 2009» segnalava Bankitalia nell’ultimo Bollettino Economico. Secondo via Nazionale, «nel primo trimestre gli utili dei cinque maggiori gruppi si sono ridotti del 40% rispetto allo stesso periodo del 2008; il rendimento del capitale e delle riserve (Roe) delle attività ricorrenti si è dimezzato, attestandosi al 4,5%. La crescita del margine di interesse, rimasta positiva per tutto il 2008, si è arrestata».
E dopo quelle del governo arrivano anche le stime della Banca d’Italia sull’andamento dell’economia italiana: Bankitalia stima che il Pil, diminuito dell’1% nel 2008, «si contrarrà del 5,2% quest’anno e rimanga stazionario il prossimo» si legge nel Bollettino Economico. Cosa ci sia da stare allegri o sprizzare ottimismo è un qualcosa che mi sfugge, soprattutto quando a chiederci ottimismo è la stessa classe politica e di governo che ben si è guardata dal convocare in Commissione Bilancio in Senato i vertici dei principali istituti bancari italiani nel corso delle audizioni per lo scandalo dei derivati venduti agli enti locali, una bomba pronta ad esplodere il prossimo autunno. Lo sapevate questo? Forse no, perché nessuno ve lo dice.
Non indignatevi per i bonus di Goldman Sachs, quelli almeno sono frutto di una logica egemonica di mercato: con queste fluttuazioni il monetario è certamente il mercato più fruttuoso – basti pensare ai cross che mettono in atto i broker di cfd, quello tra euro e corona danese ha dettato legge per mesi – e quando si è il principale collocatore di bond del governo Usa, ci vuol poco a riemergere. Chiedete conto ai banchieri nostrani piuttosto, ricoperti di soldi da Tremonti prima e della Bce poi e che continuano a strangolare piccole e medie imprese e risparmiatori: quelli sono antipatriottici e degni del pubblico ludibrio, non Mario Draghi. Ma prendersela con il controllore fa comodo quando il controllato ti paga lo stipendio. Lauto.