La fondazione può svolgere tutte le attività ritenute necessarie e funzionali al perseguimento dello scopo statutario. Tra queste rientrano anche le “fondazioni holding”, ossia quelle fondazioni il cui statuto preveda, quale scopo, l’obbligo da parte della fondazione di devolvere i risultati della gestione amministrativa del proprio patrimonio ovvero dell’impresa esercitata ad altra fondazione (ovvero ad altro ente non lucrativo o ancora ad un ente locale) destinata ad utilizzare tali proventi in attuazione dei propri scopi statutari.



La fondazione holding svolge il ruolo di gestire le quote di partecipazione che essa detiene in tutti gli enti, le società o gli altri organismi di diritto privato ovvero quello di assumere direttamente partecipazioni in organismi privati. Nel caso della fondazione holding, lo scopo di pubblica utilità imposto dal codice civile risulta realizzato in via mediata. Accanto all’ipotesi della fondazione holding, vi è anche quella della fondazione che partecipa a società di capitali, ovvero la costituisce, finanche assumendone il controllo.



A queste si aggiungono le fondazioni di origine bancaria, persone giuridiche private senza fini di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale, che perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti. Si può pertanto ribadire che la legge ha affidato una missione alle fondazioni che hanno assunto la veste di enti privati, ma con finalità di interesse collettivo.

Sia Paola Garrone su questo sito, sia l’ex ministro Linda Lanzillotta su Il Sole 24 Ore di domenica 5 luglio hanno sottolineato l’importanza di affidare alle fondazioni di origine bancaria la gestione “territoriale” dei servizi pubblici locali. L’idea è indubbiamente suggestiva e degna di approfondimenti tecnico-organizzativi, utili per verificarne l’effettiva portata e sostenibilità.



Tuttavia, prima facie, occorre ricordare che le fondazioni bancarie perseguono un’ampia gamma di finalità di pubblica utilità a favore del territorio in cui esse sono radicate. Ne consegue che, forse, attesa l’importanza strategica dei servizi a rete di cui si tratta, sarebbe più efficace immaginare una gestione delle public utilities separata dalle altre attività che concretano l’oggetto sociale delle fondazioni. In questa direzione, per esempio, si potrebbe pensare (come già accade in alcune situazioni) alla costituzione di una srl-impresa sociale ovvero di una fondazione di partecipazione, costituita dalla fondazione bancaria e dagli enti locali interessati, che conferiscono quanto di loro pertinenza.

Una siffatta fondazione si caratterizzerebbe per la presenza, nello stesso “contenitore” giuridico-organizzativo, dei rappresentanti dei cittadini-utenti e degli enti locali, per il vincolo alla non distribuzione dei profitti, in quanto il reddito verrebbe re-investito interamente nello sviluppo delle reti e degli impianti

Alternativamente, sarebbe interessante esplorare le potenzialità dell’istituto del trust applicabile alle fondazioni di origine bancaria, per cui queste ultime agirebbero in qualità di trustee di un patrimonio (le reti e/o gli impianti di produzione) a favore di una collettività di beneficiari (i cittadini-utenti), il cui “guardiano” risulta essere proprio l’ente locale.