Cerchiamo di capire i momenti critici dello scenario economico, per valutare le politiche contingenti e sistemiche del governo. Nel prossimo futuro ne sono già visibili tre: (a) minimizzazione dell’impatto recessivo fino alla ripresa della domanda globale con beneficio per l’export e per il turismo, più o meno verso il giugno 2010, con picco massimo del problema dal settembre 2009 al marzo del 2010; (b) dalla seconda metà del 2010 il problema sarà quello della ripresa troppo lenta con altrettanto lento riassorbimento della disoccupazione e sotto-occupazione; (c) i due momenti critici di medio termine saranno aggravati dal problema strutturale del debito pubblico crescente, probabilmente peggiorato dalla ripresa dell’inflazione e dell’aumento del costo del denaro per contenerlo (che aumenta la spesa per interessi) ora ipotizzabile in avvio dal 2011.



L’attuale maggioranza ha promesso di non aumentare le tasse anche se non di ridurle. La minimizzazione dell’impatto recessivo nei prossimi sei mesi, in sostanza, implica l’allungamento temporale degli ammortizzatori sociali per evitare un eccesso di licenziamenti. Per ottenere tale scopo, restando entro limiti di equilibrio di bilancio senza aumentare le tasse e a fronte di un calo del gettito 2009/2010 per caduta del Pil, il governo dovrà recuperare risorse tagliando spesa pubblica e facendo operazioni straordinarie di cassa. Ma in recessione il taglio della spesa pubblica peggiora la crisi. Quindi la spesa verrà solo limata nel breve ed il suo taglio portato più avanti nel tempo.



Ciò spiega due misure in discussione. Lo scudo fiscale, nella forma di rientro di capitali dall’estero, serve a fare cassa per il momento più critico in modo da finanziare gli ammortizzatori. L’allungamento dell’età di pensionamento serve a ridurre la spesa pubblica prospettica senza modificare traumaticamente l’attuale regime. Ma sarà sufficiente? Per l’emergenza a breve serve più credito alle imprese ed un allungamento dei tempi di rientro dai debiti. Ciò spiega perché il governo sta premendo in questa direzione. Con queste tre azioni potrà il governo contenere il peggio e far restare in certo equilibrio i conti pubblici? Potrebbe riuscirci. Ma a condizione che il rientro dei capitali sia massiccio, quindi in grado di creare cassa straordinaria a breve per 5/7 miliardi, e che il credito torni a fluire alle imprese incentivandole a non licenziare.



La valutazione è che Governo e Parlamento devono ancora trovare la formula più efficace per tale scopo. Sul piano politico l’ostacolo è il moralismo e va rimosso con spietata chiarezza, in particolare nella formula dello scudo fiscale. Se vuoi la cassa devi essere pragmatico, incentivare e non punire. Sul piano tecnico il governo mostra un certo e sorprendente ritardo nel concepire forme di (retro)assicurazione al sistema del credito. Da un lato le banche restringono i portafogli per risanarsi senza dover ricorrere a ricapitalizzazioni che penalizzerebbero i proprietari. Quindi sul piano morale il dare loro qualche bastonata e pressione, come fa Tremonti, è motivato. Ma le banche hanno il buon argomento di non potere dare credito mettendo a rischio i soldi dei risparmiatori. Per sbloccare la situazione la soluzione non è quella della pressione morale. Non lo è nemmeno il ricatto o lo scambio fiscale, cioè meno tasse su un lato in cambio di più credito dall’altro. Ci vuole, invece, un meccanismo tecnico di riassicurazione dei crediti a rischio, ottenibile con varie formule. Per esempio, un fondo pubblico di retroassicurazione o una polizza assicurativa con copertura statale a favore della banca per coprire crediti a rischio o moratorie relative ai debiti aziendali. Non sono strumenti né facili né privi di problemi, ma andrebbero studiati in fretta.  

Con questi raffinamenti tecnici e chiarimenti il governo potrebbe farcela e glielo auguriamo sinceramente nell’interesse di tutti. Ma, superata l’emergenza, poi dalla primavera del 2010 la priorità sarà quella di aumentare la capacità di crescita dell’economia italiana, perché se resta vicina allo zero non sarà possibile rientrare dal debito ed ottenere il riassorbimento della disoccupazione. E bisognerà farlo con l’ostacolo di politiche monetarie antinflazionistiche che potrebbero partire proprio allora. Tagliare tasse e spesa pubblica nonché aumentare i potenziali di produttività sarà inevitabile. Nel dopocrisi ci sarà l’insostenibilità dello statalismo e non del capitalismo. Preparatevi.

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