Il piano B per Fiat potrebbe assomigliare molto a quello vecchio che prevedeva l’integrazione con Opel. Sì perché la soluzione per Opel preferita dall’esecutivo di Angela Merkel, cioè la proposta della cordata russo-canadese guidata da Magna, è giudicata debole da tutti gli esperti del settore auto.
Più passano i giorni e più cresce il malumore anche all’interno del governo di Berlino che apre nuovi spiragli per le ambizioni del Lingotto. Del resto, secondo gli accordi siglati per Opel, il gruppo di componentistica Magna non avrà l’intero capitale ma solo un 20%, mentre Gm manterrà una quota del 35%, un altro 35% alla russa Sberbank e il 10% andrà ai dipendenti.
Il fronte dei soci è tutt’altro che unito: Gm non vuole più Magna e preferirebbe la proposta di Rhj-Ripplewood perché questa le promette che, tra quattro anni, la casa di Detroit potrà ricomprarsi Opel e Vauxhall. Fiat allora resta alla finestra, convinta che il suo piano industriale sia il migliore tra quelli presentati in quanto garantisce maggiori sinergie (circa 1,2 miliardi di euro l’anno) e, come ha scritto il Financial Times, una visione industriale di maggior spessore.
Al momento, Opel è in amministrazione fiduciaria, con un comitato nominato dal governo di Berlino, dai Länder che ospitano fabbriche Opel e da Gm con il consenso di Washington, dal momento che lo Stato americano controlla la casa di Detroit. Ma di questi trustees nessuno vuole la soluzione Magna tanto che qualcuno vorrebbe una bancarotta controllata e poi una ricapitalizzazione. Il governo di Grosse Koalition tra la Cdu-Csu e la Spd ha favorito la proposta Magna-Cremlino perché era politicamente più digeribile ma le possibili tensioni sui livelli occupazionali cominciano a farsi sentire.
La nuova possibile alleanza tra Fiat e Opel, bocciata sul piano politico, potrebbe così riprendere il volo grazie al carburante economico-finanziario e rafforzare Fiat attraverso la condivisione di piattaforme per le auto piccole e medie. In particolare nel segmento B, quello delle utilitarie, si potrebbero generare economie di scala vantaggiose per la produzione della prossima generazione di Corsa e Punto. Interessante anche la maggiore forza sul segmento C, fondamentale in Europa. Fiat ha costruito 160.000 unità dei tre modelli che la casa torinese ha in questo segmento: Fiat Bravo, Lancia Delta e Alfa Romeo 147. Opel invece lo scorso anno ha costruito quasi 650.000 unità della famiglia Astra e del monovolume Zafira. Per competere in un mercato difficile come l’attuale Fiat deve crescere di peso e andare a coprire aree finora trascurate.
La banca d’affari Lazard era stata scelta dal governo tedesco come consulente per valutare le proposte avanzate dai diversi interessati. Lo ha fatto. E ha detto che Opel (assieme alla britannica Vauxhall) è troppo piccola per sopravvivere da sola nel quadro competitivo del settore. È la posizione che aveva sostenuto Fiat quando avanzò la proposta di creare un gruppo integrato tra le sue operazioni italiane, quelle della Chrysler e quelle delle aziende controllate dalla Gm in Europa.
Ora la priorità dell’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, è quella di digerire l’integrazione di Chrysler, ma il dossier Opel, nonostante le smentite ufficiali, resta sul tavolo. Un dossier che sembra avere maggiori possibilità di riuscita rispetto a nuove alleanze sull’asse Torino-Parigi che proietterebbero Fiat sulla scia di Peugeot.