Il futuro dell’energia sarà al centro oggi di un incontro del Meeting di Rimini cui partecipa anche il ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola. A ilsussidiario.net il ministro ribadisce che «il percorso di rientro nel nucleare è razionale, sicuro e trasparente. E i cittadini l’hanno capito», spiegando anche la strategia del Governo per cercare di arrivare a una bolletta energetica sempre meno cara per il nostro Paese.
Ministro, come mai il costo del carburante è alto e quello del petrolio è relativamente basso? Lei ha convocato tutte le parti intorno a un tavolo, ma le compagnie sembrano non aver accolto l’invito a contenere i prezzi…
In realtà il prezzo del petrolio sta aumentando: è tornato sopra i 70 dollari al barile mentre quest’inverno era sceso sotto i 40 dollari. Dunque un certo aumento dei carburanti è giustificato. Il problema è che il prezzo industriale dei carburanti in Italia resta più alto rispetto alla media europea. Dunque le imprese petrolifere possono fare di più. Ma anche i consumatori debbono adeguare i propri comportamenti: per esempio, da noi i rifornimenti self service sono il 30%, mentre all’estero sono sopra l’80%. Al nostro invito a tenere bassi i prezzi i petrolieri non hanno risposto no: è vero che non hanno ritoccato i listini, ma hanno incrementato gli sconti, fino a 10-11 centesimi, soprattutto nei fine settimana.
La Legge Sviluppo 99/2009 ha ridisegnato lo scenario energetico nazionale, con l’intenzione di coprire il 25% del fabbisogno attraverso il nucleare. Si aspetta di trovare ostacoli lungo questo percorso?
Non prevedo ostacoli particolari. Il percorso di rientro nel nucleare è razionale, sicuro e trasparente. E i cittadini l’hanno capito. La Legge Sviluppo ha fissato le norme generali. Adesso dobbiamo costituire l’Agenzia di Sicurezza nucleare, che stabilirà le tecnologie ammissibili e darà le autorizzazioni alle centrali, e dobbiamo fissare le caratteristiche che dovranno avere i territori che potranno ospitare le nuove centrali. A quel punto le imprese energetiche potranno chiedere le autorizzazioni. Il processo autorizzativo coinvolgerà gli enti territoriali e le popolazioni saranno pienamente informate di tutti i passaggi. Segnalo che già alcune Regioni e parecchi Comuni si sono dichiarati disponibili ad ospitare centrali nucleari. Nel frattempo abbiamo siglato un accordo di collaborazione tecnologica con la Francia e ne firmeremo presto uno con gli Stati Uniti.
Leggiamo continuamente commenti sullo scenario geopolitico delle forniture di gas. Come si concilia il quadro di sviluppo al quale il governo sta lavorando, con lo scenario e le alternative che vengono evocate? Il South Stream è davvero osteggiato dagli Usa? La nostra politica può essere accusata di unilateralità?
Uno degli obbiettivi della nuova strategia energetica del Governo è quello di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti. Dunque nessuna preclusione verso nessun Paese, ma maggiore diversificazione delle aree geografiche e delle fonti. Questo riguarda anche le infrastrutture. Eni è coinvolta nel South Stream sia come costruttore sia come gestore del gasdotto. Ma il Governo italiano punta anche sul Galsi, che aumenterà le importazioni di gas dall’Algeria attraverso la Sardegna e sull’Itgi, che importerà il gas dell’Azerbaigian attraverso Turchia e Grecia. E poi stiamo stimolando le fonti rinnovabili e il nucleare. Dunque il nostro obbiettivo è dipendere meno dal gas e da un singolo Paese produttore. Non credo proprio che questa politica possa essere accusata di unilateralità.
L’Enel ha detto di essere pronta a mettere la prima pietra di una centrale in Italia nel 2013, se ci saranno i regolamenti attuativi. Cosa risponde?
Veramente sono stato io, a nome del Governo Berlusconi, all’Assemblea di Confindustria del maggio 2008, a prendere l’impegno di porre la prima pietra di una centrale nucleare entro la fine della legislatura, nel 2013. L’Enel si è attrezzata per essere pronta a quell’appuntamento. E il Governo, come ho detto prima, farà fino in fondo la sua parte per mantenere l’impegno.
Nella lunga attesa che il nucleare permetta di risparmiare sui costi, siamo condannati come utenti finali a pagare l’energia il 25-30% in più come imprese, e il 40% in più come famiglie rispetto alla media europea?
I tempi energetici non sono rapidi e l’Italia non ha una politica energetica da oltre vent’anni, dallo sciagurato referendum del 1987 che ha cancellato il nucleare condannandoci a pagare l’energia più degli altri Paesi europei. Però non è vero che non si possa far nulla. Stiamo per esempio accelerando le infrastrutture di rete, a partire dall’elettrodotto sottomarino Calabria-Sicilia, per evitare strozzature e colli di bottiglia nella trasmissione dell’elettricità che ci costano centinaia di milioni di euro l’anno. Poi stiamo sviluppando il carbone pulito, che ha un costo inferiore a quello di gas e petrolio. E infine, i benefici effetti economici del nucleare possono essere anticipati, soprattutto per le imprese grandi consumatrici di energia che possono partecipare a consorzi per la realizzazione delle centrali nucleari, ottenendo prezzi più bassi già prima che le nuove centrali comincino a funzionare.